Sant’Anna: la gloriosa nonna di Cristo
Poco si sa sulla vita di sant’Anna, e queste poche notizie vogliamo raccoglierle, per rendere onore a colei che sarà la madre della Vergine Maria, la «cui nascita rallegrerà l’universo intero».
I racconti sulla vita di sant’Anna non si trovano nei libri della Sacra Scrittura; anche il Vangelo tace al riguardo. Nonostante ciò è possibile ricostruire la sua ammirabile vita basandosi su alcuni testi apocrifi, sulle tradizioni antiche e sulle testimonianze di alcuni Santi Padri come ad esempio san Gregorio di Nissa e sant’Epifanio.
I genitori di sant’Anna, Akar della tribù di Levi e Maria della tribù di Giuda, erano uomini benestanti e virtuosi, amavano e servivano il Signore nella semplicità della loro vita quotidiana. Vivevano a Seforis, città della Galilea vicina a Nazareth, dove nacque la loro primogenita Ismeria.
Per sfuggire alle devastazioni dell’esercito romano la famiglia si trasferì al sud, stabilendosi a Betlemme, dove nacque Anna. Come diversa doveva essere questa nascita – nell’agiatezza e comodità della casa paterna, circondata dai parenti e dalla servitù – dalla nascita di Colui che sarebbe stato il divino nipote di questa santa bambina e che sarebbe nato molti anni dopo in quella stessa città, ma nell’oscurità di una grotta-stalla fredda e umida!
Sant’Anna non visse a lungo a Betlemme: suo padre non aveva qui alcun possedimento e così si traferì a Ebron. In questa città la famiglia visse circa nove anni, finché il padre di Anna, Akar, discendente da illustri avi sacerdotali, fu designato al servizio sacerdotale nel Tempio di Gerusalemme. Anna seguì il padre a Gerusalemme e dové distaccarsi dolorosamente dall’amata sorella maggiore che rimase ad Ebron, perché qui si sposò prima della partenza della famiglia. L’anno seguente Ismeria darà alla luce sant’Elisabetta, madre di san Giovanni Battista.
A Gerusalemme Anna crebbe sana, bella e virtuosa. La sua educazione e istruzione religiosa fu affidata agli scribi del Tempio, amici di Akar, che seppero scorgere nella fanciulla un’anima ricca di speciali doni e grazie di Dio. Emergeva in lei una particolare inclinazione alla solitudine, una verginale modestia, il disprezzo del mondo e delle sue vanità, l’amore alla preghiera, alla lettura dei libri sacri, all’osservanza e alla meditazione dei Comandamenti divini. Con compiacenza pensava all’idea di rimanere vergine per servire il Signore, ma la divina provvidenza la destinò ad una missione diversa.
Gioacchino di Nazareth, un giovane conosciuto dalla famiglia di Anna già dal tempo del loro soggiorno a Seforis, la chiese in sposa. Il matrimonio fu deciso con grande gioia di Anna che vedeva nel suo futuro sposo eccezionali doti di grazia e virtù, ma soprattutto l’amore a Dio e alla sua Legge. Dopo le nozze i due giovani sposi rimasero ad abitare a Gerusalemme, ringraziando Dio con tutto il cuore per la grazia di questa loro santa unione. Erano unanimi in tutto, generosi e pronti al sacrificio l’uno per l’altra: un vero modello da imitare per tutti gli sposi cristiani.
Nelle loro preghiere non dimenticavano mai di elevare al Cielo ardenti suppliche per la venuta del Messia. Nonostante la loro condotta irreprensibile e le loro preghiere, sant’Anna e san Gioacchino non avevano figli. Per gli ebrei non avere figli era un disonore, segno della maledizione di Dio. I due santi sposi sopportarono questa umiliazione con perfetta rassegnazione. Il sacrificio era davvero duro per i loro animi, ma nei loro cuori non albergò mai la minima ribellione all’imperscrutabile volontà e provvidenza divine, che adoravano più che mai, sapendo che i disegni di Dio, qualsiasi essi siano, sono sempre buoni e giusti.
Un giorno Gioacchino si recò al Tempio portando la sua offerta, ma, davanti a tutti i presenti, venne respinto dal sacerdote che gli disse: «Non ti è permesso unirti a quelli che offrono i loro sacrifici a Dio, perché il Signore non ti ha benedetto con la fecondità». Gioacchino dopo questo avvenimento si recò nel deserto dove, per quaranta giorni e quaranta notti, digiunò e pregò Dio, affinché, se questa fosse stata la sua volontà, gli donasse un figlio. Anna, dalla propria casa, fece lo stesso, supplicando il Signore di concederle la fecondità, ricordando un’altra Anna, moglie di Elkana, che nella sua vecchiaia partorì Samuele, e come lei fece voto di consacrare il figlio a Dio.
Dio, che provò in tal modo questi santi sposi per renderli poi i genitori più felici della storia, esaudì le loro preghiere. Mandò l’angelo Gabriele sia a san Gioacchino che a sant’Anna per annunciare loro che sarebbero diventati genitori di una figlia non comune dalla quale sarebbe nato il Messia d’Israele. Fu così che sant’Anna concepì Colei la cui nascita rallegrerà l’universo intero.
Fonte: Il settimanale di padre Pio
Pace a te!
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di fede, speranza e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male, e ci conduca alla vita eterna.
R. Amen.🙏🏻🌈
Pace a te!
O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male, e ci conduca alla vita eterna.
R. Amen.🙏🏻
Corpus Domini 2023
La festa del Corpus Domini è la festa del Corpo del Signore, è la festa dell’Eucaristia
Fonte: Avvenire.it
Una festa di popolo
Il Corpus Domini (Corpo del Signore), è sicuramente una delle solennità più sentite a livello popolare. Vuoi per il suo significato, che richiama la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, vuoi per lo stile della celebrazione. Pressoché in tutte le diocesi, infatti, si accompagna a processioni, rappresentazione visiva di Gesù che percorre le strade dell’uomo.
Le origini nel Medio Evo, in Belgio
La storia delle origini ci portano nel XIII secolo, in Belgio, per la precisione a Liegi. Qui il vescovo assecondò la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del corpo e sangue di Cristo al di fuori della Settimana Santa. Più precisamente le radici della festa vanno ricercate nella Gallia belgica e nelle rivelazioni della beata Giuliana di Retìne. Quest’ultima, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un lato. Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento. Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini. Il via libera arrivò nel 1246 con la data della festa fissata per il giovedì dopo l’ottava della Trinità.
Papa Urbano IV e il miracolo eucaristico di Bolsena
L’estensione della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. È dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).
L’inno scritto da san Tommaso d’Aquino
Papa Urbano IV incaricò il teologo domenicano Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della Messa del Corpus et Sanguis Domini. In quel tempo, era il 1264, san Tommaso risiedeva, come il Pontefice, sull’etrusca città rupestre di Orvieto nel convento di San Domenico (che, tra l’altro, fu il primo ad essere dedicato al santo iberico). Il Doctor Angelicus insegnava teologia nello studium (l’università dell’epoca) orvietano e ancora oggi presso San Domenico si conserva ancora la cattedra dell’Aquinate e il Crocifisso ligneo che gli parlò. Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel Crocifisso – abbia detto al suo prediletto teologo: “Bene scripsisti de me, Thoma”. L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il “Pange lingua” scritto e pensato da Tommaso d’Aquino.
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Egli è Dio, e vive e regna.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male, e ci conduca alla vita eterna.
R. Amen.🙏🏻🌈
Santissima Trinità
O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa’ che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l’unico Dio in tre persone. Per il nostro Signore Gesù Cristo.
Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male, e ci conduca alla vita eterna.
R. Amen.🙏🏻
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