La compassione del Signore ridona la vita
Nel piccolo paesino di Naim giunge Gesù accompagnato dai discepoli e da una folla numerosa, che canta e loda Dio con gioia. Mentre Egli sta per entrare attraverso la porta cittadina, ecco uscirne un corteo funebre. S'incontrano dunque due processioni: la processione "della morte", che esce dalla città ed accompagna la vedova che porta il suo unico figlio verso il sepolcro, e la processione "della vita", che entra in città ed accompagna Gesù.
Il Vangelo racconta con straziante semplicità che il giovanetto era l'unico figlio di una madre rimasta vedova. Su quel figlio la povera madre aveva concentrato tutto il suo amore e le sue speranze. Ed ora veniva proprio colpita nel suo affetto più caro.
E' la compassione che spinge Gesù a parlare e ad agire. Compassione significa letteralmente "soffrire con", assumere il dolore dell'altra persona, identificarsi con lei, sentire con lei il dolore. E' la compassione che mette in azione in Gesù il suo potere: il potere della vita sulla morte.
Il caso era particolarmente pietoso, e forse ciò spiega anche perché molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: "Non piangere!". Queste due parole erano state certamente ripetute centinaia o migliaia di volte in quella giornata alla povera donna, ma rimanevano soltanto parole e non avevano su di lei lo stesso effetto di quando le ha pronunciate Gesù.
Riferisce il Vangelo: Vedutala, il Signore ebbe pietà di lei. Dicevamo che Gesù si sentì fortemente commosso. Non chiese e non pretese dalla poveretta nulla che costituisse un atto di fede nei suoi riguardi. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. "Ragazzo, dico a te, àlzati!" Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. E lo restituì a sua madre.
A volte, nel momento di un grande dolore causato dalla morte di una persona amata, qualcuno potrebbe dire: "Al tempo di Gesù, quando Egli camminava su questa terra, c'era speranza di non perdere una persona cara, poiché il Signore poteva risuscitarla". Queste persone considererebbero dunque l'episodio della risurrezione del figlio della vedova di Nain come un evento del passato, che suscita nostalgia e forse una certa invidia. L'intenzione del Vangelo, non può essere certo questa, bensì vuole aiutarci a sperimentare meglio la presenza viva di Gesù in mezzo a noi. E' lo Stesso Gesù, capace di vincere la morte e il dolore della morte, che continua a operare vivo in mezzo a noi. Lui è con noi oggi e, dinanzi ai problemi del dolore che ci abbattono, ci ripete: "Dico a te, alzati!"
La descrizione è quanto di più vivo ed immediato si possa immaginare; nella scena c'è tutto il realismo dei portatori che si fermano sorpresi da quell'inaspettato intervento, e del morto tornato in vita che sbalordito ben più dei portatori, per prima cosa si mette a sedere sulla bara, quasi per prendere il tempo per orientarsi e rendersi conto di quanto era successo..
Gesù ha operato in nome proprio, per virtù di un potere soprannaturale, avendo cura di affermarlo esplicitamente. E' stata questa la dimostrazione, la prova sperimentale di un'affermazione che Gesù aveva fatto un anno prima a Gerusalemme, quando i farisei lo avevano accusato di essere un bestemmiatore perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Il potere di risuscitare i morti appartiene solo a Dio. Egli possiede questo potere in nome proprio; perciò Egli è Dio.
Dal pianto si passa alla gioia. Glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi". Dio ha visitato il suo popolo. Gesù ha pietà di una donna che non conosceva. Chissà quante donne sofferenti avrà incontrato, ma lei Lo ha colpito in modo particolare. I Suoi discepoli, coloro che Lo seguivano, stavano cantando, facevano festa, e forse questo Lo ha fatto commuovere. Come dire: "Noi stiamo ballando e cantando e qui c'è una donna che rimane sola, che soffre, che piange per la perdita di un figlio e con lei tutto il villaggio".
E che dire della donna? Probabilmente non avrebbe mai pensato che a consolarla di questo grande dolore si fosse presentato proprio Gesù stesso. Non Lo conosceva, ma ne avrà sicuramente sentito parlare; infatti, Gesù aveva già pronunciato il cosiddetto discorso delle beatitudini e tante persone Lo avevano ascoltato. Poteva anche aver pensato: "Adesso che io rimango sola, senza marito e senza figlio, quel Gesù di cui tanti parlano bene, dov'è?" Quando meno se lo aspetta, lo scorge innanzi a sè e non solo Egli la consola, ma compie per lei il miracolo di ridonarle il figlio.
Possiamo chiederci: Mi è mai capitato di sentire Gesù accanto, anche fisicamente? "Una persona dice: "A me sì, attraverso la guida spirituale, quando non molto tempo fa mi ha detto: "Non piangere, sii fiduciosa, vedrai che questo dolore passerà e rimarrà solo il ricordo di un brutto momento. Offri a Lui e starai meglio. E, se non passa, quella è la tua croce: Gesù ti darà la forza per portarla".
In questi casi, come alla vedova, Gesù non ci chiede niente di particolare, ma di fidarci soltanto di Lui, anche se non capiamo.
In quante circostanze ci siamo chiesti: "Gesù dove sei?" A volte ci sembra lontano, invece è lì, non Lo vediamo, non Lo sentiamo ma è lì. Prima o poi capiremo perché Lui non si fa sentire. O forse siamo noi che non riusciamo a sentirlo?
La compassione spinse Gesù a risuscitare il figlio della vedova. Il dolore degli altri produce in me la stessa compassione? Cosa faccio per aiutare l'altro a vincere il dolore e a rendere nuova la sua vita?
Gesù non conosceva questa donna, quindi la compassione che Gesù chiede a noi, da questo momento in poi, non è solo per le persone che amiamo, ma anche per le persone che non conosciamo e soprattutto per quelle che ci fanno soffrire.
Gesù ci chiede di avere compassione per chiunque. Se siamo realmente cristiani e soprattutto se percorriamo un cammino che debba portarci alla santità, dobbiamo soffrire con…. tutti. Il Signore ci ricompenserà.
Don Roberto Rossi
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