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Antonio

Festa del Ringraziamento 2024

La «Giornata del ringraziamento», destinata a render grazie a Dio per i doni della terra, ha lontane origini nelle tradizioni religiose del nostro popolo, ed è stata promossa, con lodevole iniziativa, negli ultimi anni da movimenti sociali di ispirazione cristiana.
Sembra opportuno, al momento presente, che l’iniziativa sia ripresa in modo unitario e diretto dalle singole Chiese particolari, chiamandovi a partecipare tutti i fedeli della città e della campagna, insieme alle categorie particolarmente interessate.
E’ infatti necessario, oggi più che mai, richiamare gli uomini alla lode di Dio, datore di ogni bene, alla valorizzazione e alla giusta distribuzione dei doni della terra, al rispetto dell’ambiente naturale e alla solidarietà con quelli che lavorano.
Saranno questi i motivi che detteranno la riflessione religiosa della «Giornata di ringraziamento» e ne ispireranno la preghiera, secondo le modalità e le idonee disposizioni che ogni Vescovo vorrà dare per la sua diocesi.
Possa la «Giornata del ringraziamento» essere espressione di fede, riconoscente e supplice, di tutto il popolo cristiano.

INGRESSO DEL NUOVO PARROCO

Oggi 22 settembre 2024, alle ore 11, si è celebrato l’ingresso del nuovo parroco di Pontinia padre Giorgio Turriceni.

La santa Messa è stata presieduta dal Vescovo mons. Mariano Crociata. Erano  presenti oltre  al superiore generale della Congregazione  padre Benedetto Picca anche alcuni sacerdoti e diaconi, tra cui il fratello del nuovo parroco, padre Enzo Turriceni.

La celebrazione eucaristica è stata completata dai canti liturgici  dalla Corale Sant’Anna e dal coro dei giovani di Azione Cattolica.

Erano presenti inoltre il Sindaco dottor Eligio Tombolillo ed alcuni assessori, insieme a molti fedeli.

Il momento di festa è stato completato da un pranzo comunitario che ha coinvolto numerosi parrocchiani.

Padre Giorgio Turriceni è nato a  Brescia il 10.8.1962 ed è stato ordinato presbitero il 17.6.1995.

A Brescia è stato vicedirettore e insegnante dell’Istituto Piamarta e  presso la casa del Beato Piamarta è stato responsabile della formazione.

A Cecchina è stato responsabile dello studentato della Santa Famiglia; superiore della Comunità e vicario parrocchiale di San Filippo Neri.

A Milano è stato superiore e docente.

A Remedello è stato coordinatore educativo e docente.

A Pontinia ha seguito negli ultimi anni la Comunità di Quartaccio.

Santi Anna e Gioacchino 26/07/2024

Fonte: Famiglia Cristiana

Il culto dei genitori della Vergine Maria fu tardivo in Occidente, con inizio timido intorno al 900-1000, mentre nell’Oriente cristiano già nel VI secolo si avevano manifestazioni liturgiche rilevanti, specialmente in collegamento con le feste mariane quali la Concezione e la Natività. Fu papa Gregorio XII a unificare nel 1584 la loro festa liturgica al 26 luglio.
Il nome di Anna deriva dall’ebraico Hannah (grazia) mentre Gioacchino significa, sempre dall’ebraico, “Dio rende forti”. Nonostante di sant’Anna ci siano poche notizie e per giunta provenienti non da testi ufficiali e canonici, il suo culto è estremamente diffuso sia in Oriente che in Occidente.

Paradossalmente delle due figure così importanti nella storia della salvezza non vi è alcuna traccia nei Vangeli canonici. Di loro viene trattato ampiamente nel Protovangelo di S. Giacomo, un vangelo apocrifo del II secolo. Le elaborazioni posteriori di tale documento aggiunsero via via altri particolari, che soltanto la devozione andava dettando. Anna era una israelita della tribù di Giuda, figlia del sacerdote betlemita Mathan, con discendenza quindi dalla stirpe davidica.

IL SILENZIO DEI VANGELI CANONICI

Il “Protovangelo di san Giacomo” narra che Gioacchino, sposo di Anna, era un uomo pio e molto ricco e abitava vicino Gerusalemme, nei pressi della fonte Piscina Probatica; un giorno mentre stava portando le sue abbondanti offerte al Tempio come faceva ogni anno, il gran sacerdote Ruben lo fermò dicendogli: “Tu non hai il diritto di farlo per primo, perché non hai generato prole”. Gioacchino ed Anna erano sposi che si amavano veramente, ma non avevano figli e ormai data l’età non ne avrebbero più avuti; secondo la mentalità ebraica del tempo, il gran sacerdote scorgeva la maledizione divina su di loro, per il fatto di essere sterili.

L’anziano ricco pastore, per l’amore che portava alla sua sposa, non voleva trovarsi un’altra donna per avere un figlio; pertanto addolorato dalle parole del gran sacerdote si recò nell’archivio delle dodici tribù di Israele per verificare se quel che diceva Ruben fosse vero e una volta constatato che tutti gli uomini pii ed osservanti avevano avuto figli, sconvolto non ebbe il coraggio di tornare a casa e si ritirò in una sua terra di montagna e per quaranta giorni e quaranta notti supplicò l’aiuto di Dio fra lacrime, preghiere e digiuni. Anche Anna soffriva per questa sterilità, a ciò si aggiunse la sofferenza per questa ‘fuga’ del marito; quindi si mise in intensa preghiera chiedendo a Dio di esaudire la loro implorazione di avere un figlio. Durante la preghiera le apparve un angelo che le annunciò: “Anna, Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo”. Così avvenne e dopo alcuni mesi Anna partorì. Il “Protovangelo di san Giacomo” conclude: «Trascorsi i giorni necessari si purificò, diede la poppa alla bimba chiamandola Maria, ossia “prediletta del Signore”».

L’INCONTRO ALLA PORTA AUREA

L’iconografia orientale mette in risalto rendendolo celebre, l’incontro alla porta della città, di Anna e Gioacchino che ritorna dalla montagna, noto come “l’incontro alla porta aurea” di Gerusalemme; aurea perché dorata, di cui tuttavia non ci sono notizie storiche. I pii genitori, grati a Dio del dono ricevuto, crebbero con amore la piccola Maria, che a tre anni fu condotta al Tempio di Gerusalemme, per essere consacrata al servizio del tempio stesso, secondo la promessa fatta da entrambi, quando implorarono la grazia di un figlio.

Dopo i tre anni Gioacchino non compare più nei testi, mentre invece Anna viene ancora menzionata in altri vangeli apocrifi successivi, che dicono visse fino all’età di ottanta anni, inoltre si dice che Anna rimasta vedova si sposò altre due volte, avendo due figli la cui progenie è considerata, soprattutto nei paesi di lingua tedesca, come la “Santa Parentela” di Gesù.

IL CULTO

Il culto di Gioacchino e di Anna si diffuse prima in Oriente e poi in Occidente (anche a seguito delle numerose reliquie portate dalle Crociate); la prima manifestazione del culto in Oriente, risale al tempo di Giustiniano, che fece costruire nel 550 circa a Costantinopoli una chiesa in onore di s. Anna. L’affermazione del culto in Occidente fu graduale e più tarda nel tempo, la sua immagine si trova già tra i mosaici dell’arco trionfale di S. Maria Maggiore (sec. V) e tra gli affreschi di S. Maria Antiqua (sec. VII); ma il suo culto cominciò verso il X secolo a Napoli e poi man mano estendendosi in altre località, fino a raggiungere la massima diffusione nel XV secolo, al punto che papa Gregorio XIII (1502-1585), decise nel 1584 di inserire la celebrazione di s. Anna nel Messale Romano, estendendola a tutta la Chiesa; ma il suo culto fu più intenso nei Paesi dell’Europa Settentrionale anche grazie al libro di Giovanni Trithemius “Tractatus de laudibus sanctissimae Annae” (Magonza, 1494).

Gioacchino fu lasciato discretamente in disparte per lunghi secoli e poi inserito nelle celebrazioni in data diversa; Anna il 25 luglio dai Greci in Oriente e il 26 luglio dai Latini in Occidente, Gioacchino dal 1584 venne ricordato prima il 20 marzo, poi nel 1788 alla domenica dell’ottava dell’Assunta, nel 1913 si stabilì il 16 agosto, fino a ricongiungersi nel nuovo calendario liturgico, alla sua consorte il 26 luglio.

PROTETTRICE DELLA PARTORIENTI

La madre della Vergine, è titolare di svariati patronati quasi tutti legati a Maria; poiché portò nel suo grembo la speranza del mondo, il suo mantello è verde, per questo in Bretagna dove le sono devotissimi, è invocata per la raccolta del fieno; poiché custodì Maria come gioiello in uno scrigno, è patrona di orefici e bottai; protegge i minatori, falegnami, carpentieri, ebanisti e tornitori. Perché insegnò alla Vergine a pulire la casa, a cucire, tessere, è patrona dei fabbricanti di scope, dei tessitori, dei sarti, fabbricanti e commercianti di tele per la casa e biancheria.

È soprattutto patrona delle madri di famiglia, delle vedove ed è invocata nei parti difficili e contro la sterilità coniugale. Le partorienti a lei si rivolgono per ottenere da Dio tre grandi favori: un parto felice, un figlio sano e latte sufficiente per poterlo allevare

DOMENICA DELLE PALME 2024

DOMENICA DELLE PALME, CHE COSA SI CELEBRA E PERCHÉ SI USANO RAMI D’ULIVO

FONTE: FAMIGLIA CRISTIANA

Con questa festa si ricorda l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme accolto dalla folla che lo acclama come re agitando fronde e rami presi dai campi. Una tradizione legata alla ricorrenza ebraica di Sukkot durante la quale i fedeli salivano in pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme portando un mazzetto intrecciato di palme, mirto e salice

Con la Domenica delle Palme, con cui si ricorda l’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme per andare incontro alla morte, inizia la Settimana Santa durante la quale si rievocano gli ultimi giorni della vita terrena di Cristo e vengono celebrate la sua Passione, Morte e Risurrezione.

Il racconto dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli, ma con alcune varianti: quelli di Matteo e Marco raccontano che la gente sventolava rami di alberi, o fronde prese dai campi, Luca non ne fa menzione mentre solo Giovanni parla di palme (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,30-38; Gv 12,12-16).

L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). Spesso attaccato al centro c’era anche una specie di cedro, l’etrog (il buon frutto che Israele unito rappresentava per il mondo).

Il cammino era ritmato dalle invocazioni di salvezza (Osanna, in ebraico Hoshana) in quella che col tempo divenuta una celebrazione corale della liberazione dall’Egitto: dopo il passaggio del mar Rosso, il popolo per quarant’anni era vissuto sotto delle tende, nelle capanne; secondo la tradizione, il Messia atteso si sarebbe manifestato proprio durante questa festa.

Giotto, Ingresso di Gesù a Gerusalemme, Cappella degli Scrovegni, Padova

LA SCELTA DELL’ASINA AL POSTO DEL CAVALLO

Gesù, quindi, fa il suo ingresso a Gerusalemme, sede del potere civile e religioso della Palestina, acclamato come si faceva solo con i re però a cavalcioni di un’asina, in segno di umiltà e mitezza. La cavalcatura dei re, solitamente guerrieri, era infatti il cavallo.

I Vangeli narrano che Gesù arrivato con i discepoli a Betfage, vicino Gerusalemme (era la sera del sabato), mandò due di loro nel villaggio a prelevare un’asina legata con un puledro e condurli da lui; se qualcuno avesse obiettato, avrebbero dovuto dire che il Signore ne aveva bisogno, ma sarebbero stati rimandati subito. Dice il Vangelo di Matteo (21, 1-11) che questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato annunziato dal profeta Zaccaria (9, 9) «Dite alla figlia di Sion; Ecco il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina, con un puledro figlio di bestia da soma».
I discepoli fecero quanto richiesto e condotti i due animali, la mattina dopo li coprirono con dei mantelli e Gesù vi si pose a sedere avviandosi a Gerusalemme.

Qui la folla numerosissima, radunata dalle voci dell’arrivo del Messia, stese a terra i mantelli, mentre altri tagliavano rami dagli alberi di ulivo e di palma, abbondanti nella regione, e agitandoli festosamente rendevano onore a Gesù esclamando «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nell’alto dei cieli!».

LA LITURGIA CON LA LETTURA DELLA PASSIONE

La liturgia della Domenica delle Palme, si svolge iniziando da un luogo adatto al di fuori della chiesa; i fedeli si radunano e il sacerdote benedice i rami di ulivo o di palma, che dopo la lettura di un brano evangelico, vengono distribuiti ai fedeli, quindi si dà inizio alla processione fin dentro la chiesa. Qui giunti continua la celebrazione della Messa, che si distingue per la lunga lettura della Passione di Gesù, tratta dai Vangeli di Marco, Luca, Matteo, secondo il ciclico calendario liturgico; il testo della Passione non è lo stesso che si legge nella celebrazione del Venerdì Santo, che è il testo del Vangelo di San Giovanni.

Il racconto della Passione viene letto alternativamente da tre lettori rappresentanti: il cronista, i personaggi delle

A vicenda e Cristo stesso. Esso è articolato in quattro parti: l’arresto di Gesù; il processo giudaico; il processo romano; la condanna, l’esecuzione, morte e sepoltura.

Al termine della Messa, i fedeli portano a casa i rametti di ulivo benedetti, conservati quali simbolo di pace, scambiandone parte con parenti ed amici. Si usa in molte regioni, che il capofamiglia utilizzi un rametto, intinto nell’acqua benedetta durante la veglia pasquale, per benedire la tavola imbandita nel giorno di Pasqua.

LA DATA È MOBILE E LEGATA ALLA PASQUA

La Domenica delle Palme è celebrata dai cattolici, dagli ortodossi e dai protestanti, e cade durante la Quaresima, che termina il Giovedì Santo, primo giorno del cosiddetto “Triduo Pasquale”.

Questa festa non cade sempre nello stesso giorno perché è legata direttamente alla Pasqua, la cui data cambia ogni anno. La festa è mobile e viene fissata in base alla prima luna piena successiva all’equinozio di primavera del 21 marzo. La data della Pasqua per i cattolici oscilla quindi tra il 22 marzo e il 25 aprile. Se, per esempio, la luna piena si verifica un sabato 21 marzo, la Pasqua cade il 22 marzo, ovvero la domenica immediatamente successiva all’equinozio.

Festa del Ringraziamento 2023

Messaggio dei vescovi per la 73^ giornata Nazionale del Ringraziamento

La Giornata del Ringraziamento diventa occasione per lodare il Signore per il dono del fratello che condivide il nostro stesso lavoro, permettendo di vivere l’esperienza di comunità nell’attività agricola, non solo a livello familiare e aziendale, ma anche nello stile cooperativo. Ci consente di riflettere anche sul suo senso, che può creare opportunità di condivisione, e può far sì che i territori rurali, soprattutto nelle aree interne, siano rigenerati e ripopolati. In questo tempo di Cammino sinodale, ascoltarsi e fare discernimento sullo stile con cui viviamo il nostro lavoro può aprire a percorsi capaci di farci riscoprire la cooperazione.
Siamo cooperatori nella creazione e, quindi, cooperiamo tra di noi. Impegniamoci a gestire l’acqua, la terra e l’energia in modo fraterno. Educhiamoci a condividere gli strumenti dell’agricoltura, a pensarci in connessione con la vocazione agricola dei territori, ad accogliere il lavoro come una chiamata a sfamare i popoli della terra. «Nessuno si salva da solo», ci ricorda la Fratelli tutti, e «ci si può salvare unicamente insieme» (n. 32): non si tratta di un insegnamento valido solo per il tempo della pandemia, ma è un’acquisizione di cui dovremmo fare sempre tesoro. È un’opportunità per sentirci corresponsabili del mandato di prenderci cura della casa comune ed essere custodi dei nostri fratelli.

La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace

Sant’Anna: la gloriosa nonna di Cristo

26 luglio 2023

Poco si sa sulla vita di sant’Anna, e queste poche notizie vogliamo raccoglierle, per rendere onore a colei che sarà la madre della Vergine Maria, la «cui nascita rallegrerà l’universo intero».

I racconti sulla vita di sant’Anna non si trovano nei libri della Sacra Scrittura; anche il Vangelo tace al riguardo. Nonostante ciò è possibile ricostruire la sua ammirabile vita basandosi su alcuni testi apocrifi, sulle tradizioni antiche e sulle testimonianze di alcuni Santi Padri come ad esempio san Gregorio di Nissa e sant’Epifanio.

I genitori di sant’Anna, Akar della tribù di Levi e Maria della tribù di Giuda, erano uomini benestanti e virtuosi, amavano e servivano il Signore nella semplicità della loro vita quotidiana. Vivevano a Seforis, città della Galilea vicina a Nazareth, dove nacque la loro primogenita Ismeria.

Per sfuggire alle devastazioni dell’esercito romano la famiglia si trasferì al sud, stabilendosi a Betlemme, dove nacque Anna. Come diversa doveva essere questa nascita – nell’agiatezza e comodità della casa paterna, circondata dai parenti e dalla servitù – dalla nascita di Colui che sarebbe stato il divino nipote di questa santa bambina e che sarebbe nato molti anni dopo in quella stessa città, ma nell’oscurità di una grotta-stalla fredda e umida!

Sant’Anna non visse a lungo a Betlemme: suo padre non aveva qui alcun possedimento e così si traferì a Ebron. In questa città la famiglia visse circa nove anni, finché il padre di Anna, Akar, discendente da illustri avi sacerdotali, fu designato al servizio sacerdotale nel Tempio di Gerusalemme. Anna seguì il padre a Gerusalemme e dové distaccarsi dolorosamente dall’amata sorella maggiore che rimase ad Ebron, perché qui si sposò prima della partenza della famiglia. L’anno seguente Ismeria darà alla luce sant’Elisabetta, madre di san Giovanni Battista.

A Gerusalemme Anna crebbe sana, bella e virtuosa. La sua educazione e istruzione religiosa fu affidata agli scribi del Tempio, amici di Akar, che seppero scorgere nella fanciulla un’anima ricca di speciali doni e grazie di Dio. Emergeva in lei una particolare inclinazione alla solitudine, una verginale modestia, il disprezzo del mondo e delle sue vanità, l’amore alla preghiera, alla lettura dei libri sacri, all’osservanza e alla meditazione dei Comandamenti divini. Con compiacenza pensava all’idea di rimanere vergine per servire il Signore, ma la divina provvidenza la destinò ad una missione diversa.

Gioacchino di Nazareth, un giovane conosciuto dalla famiglia di Anna già dal tempo del loro soggiorno a Seforis, la chiese in sposa. Il matrimonio fu deciso con grande gioia di Anna che vedeva nel suo futuro sposo eccezionali doti di grazia e virtù, ma soprattutto l’amore a Dio e alla sua Legge. Dopo le nozze i due giovani sposi rimasero ad abitare a Gerusalemme, ringraziando Dio con tutto il cuore per la grazia di questa loro santa unione. Erano unanimi in tutto, generosi e pronti al sacrificio l’uno per l’altra: un vero modello da imitare per tutti gli sposi cristiani.

Nelle loro preghiere non dimenticavano mai di elevare al Cielo ardenti suppliche per la venuta del Messia. Nonostante la loro condotta irreprensibile e le loro preghiere, sant’Anna e san Gioacchino non avevano figli. Per gli ebrei non avere figli era un disonore, segno della maledizione di Dio. I due santi sposi sopportarono questa umiliazione con perfetta rassegnazione. Il sacrificio era davvero duro per i loro animi, ma nei loro cuori non albergò mai la minima ribellione all’imperscrutabile volontà e provvidenza divine, che adoravano più che mai, sapendo che i disegni di Dio, qualsiasi essi siano, sono sempre buoni e giusti.

Un giorno Gioacchino si recò al Tempio portando la sua offerta, ma, davanti a tutti i presenti, venne respinto dal sacerdote che gli disse: «Non ti è permesso unirti a quelli che offrono i loro sacrifici a Dio, perché il Signore non ti ha benedetto con la fecondità». Gioacchino dopo questo avvenimento si recò nel deserto dove, per quaranta giorni e quaranta notti, digiunò e pregò Dio, affinché, se questa fosse stata la sua volontà, gli donasse un figlio. Anna, dalla propria casa, fece lo stesso, supplicando il Signore di concederle la fecondità, ricordando un’altra Anna, moglie di Elkana, che nella sua vecchiaia partorì Samuele, e come lei fece voto di consacrare il figlio a Dio.

Dio, che provò in tal modo questi santi sposi per renderli poi i genitori più felici della storia, esaudì le loro preghiere. Mandò l’angelo Gabriele sia a san Gioacchino che a sant’Anna per annunciare loro che sarebbero diventati genitori di una figlia non comune dalla quale sarebbe nato il Messia d’Israele. Fu così che sant’Anna concepì Colei la cui nascita rallegrerà l’universo intero.

Fonte: Il settimanale di padre Pio

Corpus Domini 2023

La festa del Corpus Domini è la festa del Corpo del Signore, è la festa dell’Eucaristia

Fonte: Avvenire.it

Una festa di popolo
Il Corpus Domini (Corpo del Signore), è sicuramente una delle solennità più sentite a livello popolare. Vuoi per il suo significato, che richiama la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, vuoi per lo stile della celebrazione. Pressoché in tutte le diocesi, infatti, si accompagna a processioni, rappresentazione visiva di Gesù che percorre le strade dell’uomo.

Le origini nel Medio Evo, in Belgio
La storia delle origini ci portano nel XIII secolo, in Belgio, per la precisione a Liegi. Qui il vescovo assecondò la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del corpo e sangue di Cristo al di fuori della Settimana Santa. Più precisamente le radici della festa vanno ricercate nella Gallia belgica e nelle rivelazioni della beata Giuliana di Retìne. Quest’ultima, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un lato. Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento. Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini. Il via libera arrivò nel 1246 con la data della festa fissata per il giovedì dopo l’ottava della Trinità.

Papa Urbano IV e il miracolo eucaristico di Bolsena
L’estensione della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. È dell’anno precedente invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (60 giorni dopo Pasqua).

L’inno scritto da san Tommaso d’Aquino
Papa Urbano IV incaricò il teologo domenicano Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della Messa del Corpus et Sanguis Domini. In quel tempo, era il 1264, san Tommaso risiedeva, come il Pontefice, sull’etrusca città rupestre di Orvieto nel convento di San Domenico (che, tra l’altro, fu il primo ad essere dedicato al santo iberico). Il Doctor Angelicus insegnava teologia nello studium (l’università dell’epoca) orvietano e ancora oggi presso San Domenico si conserva ancora la cattedra dell’Aquinate e il Crocifisso ligneo che gli parlò. Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel Crocifisso – abbia detto al suo prediletto teologo: “Bene scripsisti de me, Thoma”. L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il “Pange lingua” scritto e pensato da Tommaso d’Aquino.

25^ Diaconato Claudio Galeazzi

Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente

e Santo è il suo Nome.

Eccellenza Rev.ma, mi sia concesso, in questo momento, innalzare in primis al Signore il mio ringraziamento e la mia lode, perché a Lui e solo a Lui devo tutto: “per grazia di Dio sono quello che sono”.

E, nel ringraziare il Signore, che da sempre mi ha amato, un commosso e grato ricordo va anche alla memoria di Iliana, mia moglie: sono passati quasi sette anni da quando ha celebrato la sua Pasqua e certamente in questo momento, nella gloria del Signore, gioirà (se si può dire) in un modo del tutto particolare con noi.

Grazie al sostegno della mia famiglia, soprattutto di Iliana e dei miei figli, al loro sacrificio, alla loro abnegazione non sarei qui oggi: una vita consacrata in modo speciale al Signore, per essere non solo “servo di Dio”, ma anche servo di Dio nel servizio del popolo di Dio, per l’edificazione del Corpo di Cristo.

Ringrazio tutti voi che siete convenuti in questa chiesa, dedicata a Sant’Anna, Madre della Madre di Dio, per sostenermi con le vostre preghiere e gioire con me nel Signore in questa giornata, in questa Eucarestia per il 25° della mia ordinazione diaconale.

Grazie a voi, presbiteri e a voi fratelli diaconi (un ricordo particolare va al confratello Vincenzo Balestrieri ora nella Gloria del Cielo), e a voi aspiranti al  diaconato, che mi avete dimostrato il vostro affetto, la vostra stima e la vostra considerazione, compartecipando nel rendere lode e gratitudine al Signore.

Grazie a tutti gli amici, ai miei parenti (vedo nell’assemblea mio fratello con mia cognata, mia nuora, i miei nipoti), che oggi hanno voluto essere presenti e pregare e ringraziare con me il Signore per il dono fatto a me, alla Chiesa e alla comunità; a questa comunità che sempre mi è stata vicina e che oggi ha preparato il tutto con particolare attenzione: i ministranti, i cantori con il loro Maestro, l’organista, gli scouts, l’Azione cattolica, il Gruppo Unitalsi, i gruppi oratoriali.

Grazie anche a tutti coloro, che pur non essendo presenti fisicamente, sono qui vicino a me, vicino a noi, spiritualmente e con la preghiera.

Un grazie particolare alle Comunità parrocchiali, che mi hanno accolto e presso le quali ho prestato il mio servizio diaconale in questi 25 anni: la Parrocchia Madonna di Porto Salvo e la Parrocchia San Silviano di Terracina, la Parrocchia Santi Pietro e Paolo di Latina, la Parrocchia di Cristo Re di Borgo Vodice.

Un grazie riconoscente a tutti i Padri della Congregazione Sacra Famiglia di San Giovanni Piamarta, che dal 1946 reggono questa Parrocchia.

Grazie dal profondo del cuore ai Parroci p. Italico Bosetti, p. Sandro Econimo, p. Gianfranco Ransenigo, ora nella liturgia celeste.

Grazie a p. Gian Paolo Bergamini, p. Valeriano Montini, p. Giancarlo Orlini, e ai molti Sacerdoti, tra i quali p. Giovanni, p. Giorgio, p. Benedetto, p. Nicola (e anche P. Gabriele e p, Matteus) che, nella cura pastorale della parrocchia, sono stati per me i maestri, che mi hanno fatto conoscere l’Amore di Cristo.

Mi hanno dimostrato quanta forza si possa attingere dalla Parola di Dio, acqua viva di sorgente che disseta in ogni momento, specialmente in quelli più aridi della vita.

Mi hanno insegnato che l’Amore di Gesù Misericordioso si attinge al suo Corpo e al suo Sangue, quando Egli si dona a noi quale cibo quotidiano.

Mi hanno comunicato l’attaccamento alla bellezza della Liturgia e al decoro della Casa di Dio, lo scoprire la carità per i fratelli, il donare loro la Parola di Dio. Grazie, carissimi Padri.

Un grazie sincero e dal profondo del cuore va ai suoi predecessori, Eccellenza:

Al Vescovo Domenico Pecile, di felice memoria, il quale ha ritenuto, assistito dallo Spirito Santo, che il Signore mi chiamasse al Suo servizio, ma principalmente per servire i fratelli, e mi ha ordinato e consacrato diacono il 23 aprile 1998.

Al Vescovo Giuseppe Petrocchi, ora Arcivescovo e Cardinale a L’Aquila, che mi ha chiamato a prestare il mio servizio nella Chiesa diocesana con e in incarichi di responsabilità.

Grazie a Lei, Eccellenza, per la fiducia che mi ha accordato, rinnovando e affidandomi diversi incarichi in Diocesi.

Grazie a Lei, Eccellenza, per l’essermi stato vicino nei momenti particolarmente difficili.

Grazie a Lei, Eccellenza, soprattutto per essere presente oggi qui, a ringraziare con me il Signore nel 25° Anniversario della mia Ordinazione.

Il Signore la benedica e la protegga sempre, Eccellenza, e le riservi la gioia che nasce dalla consapevolezza di essere costantemente un Padre buono e premuroso verso i figli, che Le sono stati affidati dallo Spirito dell’Eterno Amore…

In questo mio Venticinquesimo Anniversario dell’Ordinazione diaconale, confido nel Signore e nella sua Grazia per essere sempre degno del ministero, sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra, alla quale mi affido.

E il Signore benedica e custodisca tutti voi, vi mostri la sua faccia ed abbia misericordia di voi, volga a voi il suo sguardo e vi dia pace.

Il Signore vi benedica. Amen.

Pontinia, Chiesa Sant’Anna, 23 aprile 2023

Scouts vs Azione Cattolica 2022

A distanza di 6 anni dall’ultima edizione, si è rinnovata per il nono anno la tradizionale partita di calcio delle festività natalizie “Tra Presente e Passato” con protagoniste le associazioni parrocchiali dell’Azione Cattolica e degli Scout.

Protagonisti nel rettangolo di gioco sono stati i giovani e gli adulti delle rispettive associazioni, oltreché tanti amici che hanno fatto parte dei gruppi nel passato e che, pur non frequentando più attivamente la realtà associativa, sono rimasti affezionati ai propri “colori”!

In una splendida e mite mattinata di sole, dopo aver partecipato assieme alle ore 8:30 alla S. Messa di Santo Stefano c/o la chiesta di S. Anna, i componenti delle due rappresentative si sono trasferiti al campo sportivo comunale R. Caporuscio.

La partita ha inizio in ritardo alle ore 10:30, alla presenza del vice parroco Padre Nicola e grazie alla generosa direzione di gara affidata a Massimo Mancon, un amico che teniamo a ringraziare particolarmente per la sua generosa disponibilità.

La gara è avvincente sin dal primo minuto con frequenti capovolgimenti di fronte e, nonostante in campo ci siano pochi capelli e quei pochi di colore “bianco”… le emozioni si susseguono.

Sono stati giocati due tempi da 30’ e per la cronaca la partita è stata vinta dal Gruppo Pontinia 1 dell’Associazione Italiana Guide e Scout Cattolici della Federazione dello Scoutismo Europeo con il risultato di 4 a 1, maturato essenzialmente tutto nel primo tempo con 4 gol, di cui uno su rigore, da parte degli scout, mentre nella ripresa, a partita ormai chiusa, è arrivato il gol bandiera da parte della rappresentativa di AC.

Mattatore dell’incontro – a sorpresa – il novizio di origine angolana dei Padri Piamartini Augusto, in visita a Pontinia ma residente a Brescia per studiare e diventare sacerdote. Il giovane, evidentemente benedetto dal Signore, ha segnato 3 gol, di cui 2 per gli scout e 1 per l’AC quando, nel secondo tempo, le squadre sono state mischiate per divertirsi ancora di più!

Presenti sulle tribute, oltre agli altri associati delle rappresentative in campo, anche molti familiari e amici, per i quali l’occasione è stata il pretesto per ritrovarsi e passare una bella mattinata.

A fine partita “terzo tempo” con vin brulè e hot-dog a cura dei Rover, quindi gli auguri di fine anno e l’arrivederci alla prossima sfida!

Festa del Ringraziamento 2022

La «Giornata del ringraziamento», destinata a render grazie a Dio per i doni della terra, ha lontane origini nelle tradizioni religiose del nostro popolo, ed è stata promossa, con lodevole iniziativa, negli ultimi anni da movimenti sociali di ispirazione cristiana.
Sembra opportuno, al momento presente, che l’iniziativa sia ripresa in modo unitario e diretto dalle singole Chiese particolari, chiamandovi a partecipare tutti i fedeli della città e della campagna, insieme alle categorie particolarmente interessate.
E’ infatti necessario, oggi più che mai, richiamare gli uomini alla lode di Dio, datore di ogni bene, alla valorizzazione e alla giusta distribuzione dei doni della terra, al rispetto dell’ambiente naturale e alla solidarietà con quelli che lavorano.
Sono questi i motivi che dettano la riflessione religiosa della «Giornata di ringraziamento» e ne ispirano la preghiera, secondo le modalità e le idonee disposizioni che ogni Vescovo vuole dare per la sua diocesi.
Possa la «Giornata del ringraziamento» essere espressione di fede, di tutto il popolo cristiano.

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