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Avvento 2012

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA DI DIO” NELLE NOSTRE FAMIGLIE

Centri di Ascolto

Dove due o più sono riuniti nel mio nome Io sarò in mezzo a loro.”

In questi giorni alcuni volontari, ai quali va di cuore la nostra gratitudine sincera, stanno distribuendo zona per zona, famiglia per famiglia un semplice e libero invito ad approfittare di questo tempo di Avvento, particolare ed unico dell’ anno 2012, per invitarci a partecipare alle tre Celebrazioni della Parola di Dio nelle nostre case attraverso i Centri di Ascolto .

Sono solo tre martedì [4;11;18 Dic.], solo un’oretta per dare e ricevere un tesoro vero: Gesù Cristo stesso che attraverso la sua Parola ed i suoi Fratelli viene nelle nostre case e fra di noi ! Infatti egli ha detto: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome Io sarò in mezzo a loro.”

Messaggio dell’Avvento

La preziosità dell’attesa

L’attendere è diverso dal semplice aspettare. Aspettiamo quando siamo in fila alle poste o qualcuno non è puntuale a un appuntamento. E ci capita spesso di innervosirci, non imparando nulla da questo tempo di “passaggio-attesa”.
Al contrario, l’attesa ha un valore in se stessa:
serve a preparare il cuore, a riflettere su di noi,
su Dio, sul mondo che ci circonda;
essa ci insegna la pazienza e manda in frantumi alcuni nostri programmi.
Il periodo di attesa non è mai sprecato, perché “ è ginnastica” del cuore
e palestra di un grande amore.
Un nuovo anno liturgico ci è offerto dalla bontà di Dio.
Anche Dio è entrato nel tempo dell’Avvento, aspettando senza mai stancarsi
la risposta d’amore degli uomini.
L’attesa è un’opportunità preziosa, un tesoro da riscoprire.
Allora approfittiamo tutti per entrare in questa attitudine
di chi amando attende e attendendo otterrà,
perché Cristo ci ama veramente ed è venuto per darci Vita e Forza nuove.

 

2012: Anno europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra le generazioni

Nel rincorrersi ed intrecciarsi di “ricorrenze”, di “anni” e di “giornate” dedicate a riflettere e a sensibilizzare l’opinione pubblica su varie problematiche o avvenimenti si rischia inevitabilmente di lasciarci sfuggire sia l’opportunità di riflettere personalmente e magari di prender parte alle diverse iniziative per aiutare e sensibilizzare anche gli altri.

Confesso che rischiavo anch’io di lasciar passare senza fermarmici un poco sopra proprio questo “Anno Europeo dell’invecchiamento… ”.

Penso sia opportuno presentare almeno alcune considerazioni che traggo dalle riflessioni esposte per quest’anno e rimando all’articolo di fondo che troveremo sul giornaletto “La Fontana di S. Anna” del mese di Novembre-Dicembre.

L'Anno europeo mira a sensibilizzare l'opinione pubblica al contributo che le persone anziane possono dare alla società. Si propone di incoraggiare e sollecitare i responsabili politici e le parti interessate a intraprendere, a ogni livello, azioni volte a migliorare le possibilità di invecchiare restando attivi e a potenziare la solidarietà tra le generazioni.

Cosa s'intende per invecchiamento attivo?

Significa invecchiare in buona salute, partecipare appieno alla vita della collettività e sentirsi più realizzati nel lavoro, in poche parole vuol dire essere più autonomi nel quotidiano e più impegnati nella società. Qualsiasi sia la nostra età, possiamo svolgere un ruolo attivo nella società e beneficiare di una migliore qualità di vita. L'obiettivo è quello di trarre il massimo vantaggio dalle enormi potenzialità di cui continuiamo a disporre anche se siamo avanti con gli anni.

Penso che un invecchiamento attivo debba orientarsi almeno in queste tre direzioni:

Lavoro ed occupazione – con il crescere dell'aspettativa di vita in tutta Europa, cresce anche l'età pensionabile. Purtroppo sono in molti a temere di non riuscire a conservare la loro attuale occupazione o a trovare un nuovo impiego fino al momento di aver maturato una pensione dignitosa. È pertanto nostro dovere offrire ai lavoratori anziani migliori opportunità nel mercato del lavoro.

Partecipazione alla vita sociale e parrocchiale – andare in pensione non vuol dire diventare inattivi. Spesso non si tiene conto del prezioso contributo dato dalle persone della terza età, che prestano assistenza a chi ne ha bisogno, occupandosi dei familiari (genitori, consorte e nipoti) o facendo opera di volontariato anche nella Parrocchia. L'Anno europeo intende dare risalto alla ricchezza sociale rappresentata dalle persone anziane

Autonomia – che la nostra salute peggiori con l'avanzare dell'età è un fatto. Disponiamo però di molte risorse per rallentare questo fenomeno naturale, e possiamo garantire un ambiente più sereno alle persone che soffrono di problemi di salute o di disabilità. Invecchiare attivamente vuol dire anche darci la possibilità di conservare il controllo della nostra vita il più a lungo possibile.

Paura di invecchiare? Del ruolo che occuperete nella società

Dopo i 60-70-80 la vita non è certo finita e la società sta apprezzando sempre di più il contributo offerto dalle persone della terza età.

A ben pensarci “invecchiamento attivo” è avere di più dalla vita per dar di più e meglio anche quando si va su con gli anni, sia sul lavoro, che a casa, che all’interno della propria comunità locale e parrocchiale.

I vantaggi non sono soltanto individuali, ma riguardano la famiglia, la parrocchia e la società in genere.

Padre Valeriano

 

Cristo Re dell’Universo

“Io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo; per dare testimonianza alla verità.” Oggi la domanda che ci si deve porre non è se Gesù Cristo regni o no nel mondo, ma se egli regni o no in me; non se la sua regalità è riconosciuta dagli stati e dai governi, ma se è riconosciuta e vissuta da me. Chi regna dentro di me, chi fissa gli scopi e stabilisce le priorità: Cristo o qualcun altro? Secondo l’apostolo Paolo esistono due possibili modi di vivere: per se stessi o per il Signore (cfr. Rm 14,7-9). Vivere «per se stessi» significa vivere come chi ha in se stesso il proprio principio e il proprio fine; indica un’esistenza chiusa in se stessa, tesa solo alla propria soddisfazione e alla propria gloria. Vivere «per il Signore», al contrario, significa vivere in vista di Gesù, per la sua gloria, per il suo regno. In una delle invocazioni del Padre nostro preghiamo: «Venga il tuo regno!». Ebbene la festa di oggi sia per noi un invito a costruirlo con la vita, la santità, la grazia, la giustizia, l’amore e la pace. Buona settimana!

Padre Gian Carlo

 

Omelia di P.Gian Paolo 18/Nov/2012

 
Questa mattina pubblichiamo l'omelia di Padre Paolo fatta durante la messa della scorsa domenica.
Leggetela con attenzione perchè è ispirata, ricca di messaggi importantissimi e ricolma di emozioni fortissime.
 
Grazie Padre Paolo per questo nuovo dono che fai alla tua comunità, il Signore ti accompagni e guidi ogni tua scelta.
Ti ricorderemo sempre nelle nostre preghiere e chiediamo a te di ricordarci nelle tue.
 

iamo quasi alla fine dell'anno liturgico, la liturgia ci propone un brano del tredicesimo capitolo del vangelo di Marco . Un testo difficile, che non possiamo decodificare se non tenendo conto del suo genere letterario – quello apocalittico – e mettendo al centro della nostra lettura non la fine della creazione, ma il fine della sua storia. Un Vangelo sulla crisi e contemporaneamente sulla speranza, che non profetizza la fine del mondo, ma il significato del mondo.

– La prima verità è che il mondo è fragile: in quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo…
Non solo il sole, la luna, le stelle, ma anche le istituzioni, la società, l'economia, la famiglia e la nostra stessa vita sono molto fragili.
– Ma la seconda verità è che ogni giorno c'è un mondo che muore, ma ogni giorno c'è un mondo che nasce. Cadono molti punti di riferimento, vecchie cose vanno in frantumi: costumi, linguaggi, comportamenti, ma ci sono anche sentori di nuove primavere. La speranza ha l'immagine della prima fogliolina di fico: Dalla pianta di fico imparate: quando spuntano le foglie, sapete che
l'estate è vicina. Allora dentro la fragilità drammatica della storia possiamo intuire come le doglie di un parto, come il passaggio dall'inverno alla primavera, come un uscire dalla notte alla luce. Ben vengano certe scosse diprimavera a smantellare ciò che merita di essere cancellato. […]
 
Continua la lettura: Omelia P. Paolo 18 novembre 2012

 

Emmanuel

Lavoravo presso un negozio di informatica, un rivenditore autorizzato IBM.
Mi occupavo dell’assistenza clienti , facevo anche corsi sull’utilizzo dei pacchetti software e strumentazioni varie che venivano acquistate.
Un pomeriggio d’estate, ricordo il caldo quasi soffocante,  ero ad una scrivania intento a ripristinare l’ennesimo computer devastato da un virus.
Entra in negozio un ragazzo sulla trentina, molto probabilmente senegalese, aveva una borsa in spalla. Ricordo il suo volto, nerissimo da cui spiccavano grandi occhi e denti bianchissimi.
Rimane titubante sull’entrata ed io lo guardavo, era evidente il fatto che si sentisse a disagio. Preso il coraggio a due mani entra e si dirige con passo incerto verso la mia postazione.
Conosceva pochissime parole di Italiano quindi mi mostra la sua borsa, dentro vi erano dei calzini bianchi di spugna. Capisco allora che voleva che ne comprassi qualche paio.
Mi alzo e vado verso di lui. Lo guardo, e gli dico: «Mi dispiace, non ho molto denaro e non mi serve nulla di ciò che mi offri ma se posso, ti aiuto volentieri», allora prendo il portafogli, lo apro, c’erano 5.000 Lire.
Prendo quell’unica banconota e glie la porgo, lui la prende e poi succede un fatto inspiegabile, incredibile, lo abbraccio stringendolo forte a me e lo bacio sulla guancia. Lui, visibilmente scosso e sorpreso, mi guarda e mi dice: «Come ti chiami?» gli dico il mio nome ed immediatamente dopo gli chiedo il suo, «Emmanuel» fu ciò che ottenni come risposta.
«Questo è tutto ciò che ho» gli dico, «non è molto ma se domani ritorni da queste parti farò in modo di darti qualcos’altro».  Non l’ho mai più rivisto.
Passano alcuni giorni ed il ricordo di quell’incontro comincia a diradarsi, gradualmente, come la nebbia al sorgere del sole, ricacciato indietro nella mia mente da tutte le problematiche quotidiane e dagli impegni lavorativi.
Mentre mi dedicavo al controllo dell’inventario nel magazzino parti di ricambio, arriva il titolare dell’azienda: «Ehi! Ma lo sai che il cliente di ieri è rimasto talmente soddisfatto del tuo intervento tecnico che ha deciso di stipulare con noi un importate contratto di manutenzione annuale, siccome il merito è soprattutto il tuo ho pensato di darti questo», mi consegna una busta bianca sigillata.
La apro e all’interno scorgo cinque banconote da 100.000 Lire ciascuna.
Caspita!!! Che fortuna! Ripongo tutto contento la busta in tasca e dopo aver abbondantemente ringraziato torno a ciò che stavo facendo.
Quella stessa settimana, non ricordo quale giorno fosse ma ricordo che erano le ore 21:00, durante un incontro nella mia parrocchia, il sacerdote comincia a fare alcune digressioni storiche ed inizia a parlarci dell’importanza del nome presso gli Israeliti.
Ci disse appunto che noi occidentali in genere diciamo che una persona ha un nome mentre biblicamente l’ebreo dice che la persona è il suo nome.  Quindi nella Scrittura il nome rappresenta l’essenza stessa della persona e dire il proprio nome ad una persona significa rivelare chi realmente siamo. E chiedere il nome ad un altro  significa attribuirgli una grande importanza, e manifestare la propria volontà di conoscerlo bene, nell'intimo.
Ed aggiunse: «Capite quindi quanto fossero importanti in quel tempo i nomi, tanto per farvi un esempio, sapete cosa significa “Emmanuel”? Significa “Dio con noi”»
In quel preciso istante mi torna tutto in mente, prepotentemente con una forza devastante, cominciano a tremarmi le gambe ed avverto un senso di smarrimento. Torno a casa ed in macchina comincio a ripercorrere con la mente tutti i momenti di quel pomeriggio.
Il negozio era un viavai continuo di gente, tra personale, clienti e trasportatori  non c’era mai un momento di tregua, ma per tutto il tempo della visita di Emmanuel stranamente non c’era nessuno, ero completamente solo.
 
Si dice che ogni volta che doniamo qualcosa, con il cuore, a qualcuno che ne ha bisogno il Signore ci rende 10 volte tanto. Beh, io posso dire che non è vero, a me è stato dato 100 volte di più. E non solo economicamente, da quel momento la mia vita è stata sempre un crescendo, di emozioni, soddisfazioni, gioie.
Certo ci sono stati anche momenti difficili, giorni di dolore, di sofferenza ma il Padre mi è stato sempre vicino, al mio fianco, ogni giorno e per tutti i giorni della mia vita, e mi ha dato la forza per superare i momenti brutti, disseminando il mio cammino di doni meravigliosi per i quali io, ogni giorno, Lo ringrazio.
 
Sono trascorsi 20 anni da quel giorno, ma il ricordo è ancora vivissimo in me, ho cercato Emmanuel in tutti i venditori ambulanti che ho incontrato sinora e l’ho ritrovato in ogni persona bisognosa che ti tende una mano, che aspetta una parola di conforto,  un gesto gentile, un sorriso, un saluto.
 
(Testimonianza di una persona che preferisce restare anonima)
 

Un giorno da ricordare……

La Provvidenza

"Questa vedova, così povera, … ha dato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere" … e noi ci fidiamo di Dio? Crediamo che Dio è Provvidenza?
 
Crediamo che Dio pensa a noi più di quanto noi pensiamo a noi stessi?
È chiaro che ci vengono in mente più di mille ragionamenti per giustificare il nostro “non dare tutto” … anzi forse non abbiamo il coraggio neanche di dare il superfluo!
Posso testimoniare che in questi tre anni che ho vissuto in Brasile la Provvidenza non è mai venuta meno.
Mi piace anche portare queste testimonianze di Giuseppe Butturini: « Come fidarci di Dio, non a parole, ma con fatti concreti? Domande per un verso più che comprensibili e legittime, ma per un altro senza memoria, perché dimentiche di una serie di ricordi o meglio di fatti che hanno segnato la mia e la nostra vita. Eccone alcuni, quasi dei memoriali che invitano alla speranza e a rimettere la nostra causa al Buon Dio.
Il papà che dice alla mamma angosciata perché il sacco della farina era alla fine: “Tu non guardare e prendi ogni giorno la farina necessaria per fare il pane e vedrai che non verrà meno”. Eravamo ai primi del gennaio 1945 e la farina non venne meno. Molti e molti anni dopo, con tutta la famiglia – cinque figli e con la mamma incinta – eravamo in viaggio verso Tromso come famiglia missionaria.
Tromso è una città della Norvegia a 800 km sopra il circolo polare artico. A mezzanotte del 24 maggio 1988 arriviamo a Monaco. Come andare in via San Tommaso N.ro 1 per passare la notte? Gira e rigira, nulla da fare. Più che preoccupati ci fermiamo. Ci accosta una macchina. Dove andate? Ci chiede in inglese il conducente, la sola lingua in cui qualcosa balbettavo. Diamo la via. Seguiteci. Ho ancora davanti agli occhi la segnaletica con il nome della via san Tommaso N.ro 1, le luci accese alla casa che faceva angolo con una donna alla finestra.
 
Ma come avete fatto ad arrivare, domanda la signora. Raccontiamo: una macchina di sconosciuti ci ha portato qui, fermandosi davanti alla sua casa.
 
No! davanti a voi non c’era nessuna macchina. C’era solo la vostra.
 
Chi guidava quella macchina? Qualcosa di simile l’anno scorso, il 2 novembre. Mezzo metro d’acqua in casa, al piano terra, per tre giorni. Devastazione. «Dov’è il tuo Dio» sembrava sussurrare dentro una voce.
È questa la ricompensa per voi che a metà ottobre avete dato la vostra sala più grande ad un vicino il cui laboratorio si era incendiato; il suo era l’unico lavoro e aspettava il secondo figlio. Il fatto non ci tolse la pace e neppure la gioia di aver dato in comodato l’appartamento. Nella nostra vita di ogni giorno era presente Uno che sapeva il fatto suo, Uno che sempre ama”. Tutta l’opera del nostro Fondatore è un inno alla Provvidenza Buona settimana!
 
Padre Gian Carlo

A proposito d’amore

Quando viene chiesto a Gesù qual è il comandamento più grande, probabilmente gli ascoltatori si aspettano la scelta tra uno dei dieci.
Invece il Maestro si rifà a un passo del libro del Deuteronomio, che gli Ebrei recitavano mattino e sera, ed era riportato sugli stipiti delle porte: “Amerai il Signore tuo Dio…”. A questo ne aggiunge immediatamente un altro, tratto dal libro del Levitico: “…e il prossimo come te stesso”.
Nel regno di Dio sarebbe contato l’amore, in ogni direzione: verso Dio, verso gli altri, verso se stessi. 
L’amore è la cosa più bella che abbiamo. Chi non ha un fremito, di fronte allo sguardo di una madre che abbraccia il suo bambino? Chi non si rallegra dei gesti teneri e scherzosi di due innamorati? Chi non rimane piacevolmente sorpreso beneficiando di un gesto gentile e gratuito?
Chi non si ferma ad ammirare la fedeltà di una coppia che è rimasta insieme per tutta la vita? Chi non anela ad essere amato, tanto da essere disposto a pagarne qualsiasi prezzo?
L’amore ci riempie di frutti rigogliosi, sollecita i nostri sensi, esalta le proprie risorse, fa superare i limiti, si allarga a macchia d’olio perché produce una serenità contagiosa. L’amore può essere intriso di spine, di fatiche e di lacrime, dal momento che chi ama si fa carico di un’altra persona, condividendo, proteggendola o sostenendola nei momenti di
disagio. L’amore è scommessa e rischio di perdita; riduce le difese, perché si nutre di fiducia; ma frantuma ogni corazza, perché chi è amato non riesce più ad essere cattivo. L’amore è la cosa più bella della vita, anzi ne è intrinsecamente il senso più pieno e vero. Perché è il nome e l’essenza stessa di Dio.

Festa del Ringraziamento 2012

La Santa Messa delle ore 11.00 è stata celebrata da padre Valeriano

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