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A proposito d’amore

Quando viene chiesto a Gesù qual è il comandamento più grande, probabilmente gli ascoltatori si aspettano la scelta tra uno dei dieci.
Invece il Maestro si rifà a un passo del libro del Deuteronomio, che gli Ebrei recitavano mattino e sera, ed era riportato sugli stipiti delle porte: “Amerai il Signore tuo Dio…”. A questo ne aggiunge immediatamente un altro, tratto dal libro del Levitico: “…e il prossimo come te stesso”.
Nel regno di Dio sarebbe contato l’amore, in ogni direzione: verso Dio, verso gli altri, verso se stessi. 
L’amore è la cosa più bella che abbiamo. Chi non ha un fremito, di fronte allo sguardo di una madre che abbraccia il suo bambino? Chi non si rallegra dei gesti teneri e scherzosi di due innamorati? Chi non rimane piacevolmente sorpreso beneficiando di un gesto gentile e gratuito?
Chi non si ferma ad ammirare la fedeltà di una coppia che è rimasta insieme per tutta la vita? Chi non anela ad essere amato, tanto da essere disposto a pagarne qualsiasi prezzo?
L’amore ci riempie di frutti rigogliosi, sollecita i nostri sensi, esalta le proprie risorse, fa superare i limiti, si allarga a macchia d’olio perché produce una serenità contagiosa. L’amore può essere intriso di spine, di fatiche e di lacrime, dal momento che chi ama si fa carico di un’altra persona, condividendo, proteggendola o sostenendola nei momenti di
disagio. L’amore è scommessa e rischio di perdita; riduce le difese, perché si nutre di fiducia; ma frantuma ogni corazza, perché chi è amato non riesce più ad essere cattivo. L’amore è la cosa più bella della vita, anzi ne è intrinsecamente il senso più pieno e vero. Perché è il nome e l’essenza stessa di Dio.

Festa del Ringraziamento 2012

La Santa Messa delle ore 11.00 è stata celebrata da padre Valeriano

Domenico Giuliotti “Il Ponte Sul Mondo”, Commento alla Messa

La Messa – e non già la Divina Commedia – è il «poema» veramente «sacro al quale hanno posto mano e cielo e terra». Opera dello Spirito Santo, di Cristo e della Chiesa, essa incomincia con un Salmo e finisce con due preghiere di Leone XIII.
 
L'uomo e l'Uomo. Dio, la Trinità e tutti gli Angeli ne formano l'argomento. La Consacrazione, che rinnova l'Incarnazione, è il punto culminante di questo immenso mistero. E il Prete n'è, al tempo stesso, il taumaturgo e il poeta. A un tratto, inesplicabilmente, per mezzo della parola sacerdotale, che ripete la parola divina, il pane e il vino, cambiando natura, diventano Cristo: il Cristo vittima, il Cristo cibo. Allora, noi in Cristo, offriamo Dio a Dio, e noi con Lui.
 
Se offrissimo solo noi non offriremmo nulla; ma offriamo noi con Lui; innestiamo la nostra morte alla Sua Vita e diventiamo viventi.
«Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo». E noi mangiamo quel pane che uccide la morte. L'Infinito penetra, così, nel finito; il finito si dilata, splendendo, nell'Infinito. Il Creatore, riabbassandosi, eucaristicamente, fino alla creatura, si dà a lei, entra in lei, celebra con essa le nozze. E il Paradiso è sulla terra, intorno a un piccolo disco bianco, offerto dalle mani di un uomo che, in quel momento, è più grande della Regina degli Angeli.
 
Tale la sintesi della Messa. Il commento che segue si propone di lumeggiarne ogni parte.
La Messa, per moltissimi, immersi nell'ignoranza religiosa, è come un affresco che altri afferma prezioso, ma che, agli occhi annebbiati di chi lo guarda, appare tutto coperto da un fitto strato di polvere.
 
Ho tentato di dissipare quella nebbia e di far vedere il dipinto. Ma certamente vi son mal riuscito.
Per far ciò ci sarebbe voluto un poeta santo. Ed io sono un povero balbuziente, a cui l'alito del peccato appanna il volto di Cristo.
 
Scaricate l'ebook qui: 

D.Giuliotti-Il Ponte sul Mondo

Dall’omelia di Benedetto XVI in occasione della canonizzazione di San Giovanni Battista Piamarta

Giovanni Battista Piamarta, sacerdote della diocesi di Brescia, fu un grande apostolo della carità e della gioventù.
Avvertiva l’esigenza di una presenza culturale e sociale del cattolicesimo nel mondo moderno, pertanto si dedicò all’elevazione cristiana, morale e professionale delle nuove generazioni con la sua illuminata carica di umanità e di bontà.
Animato da fiducia incrollabile nella Divina Provvidenza e da profondo spirito di sacrificio, affrontò difficoltà e fatiche per dare vita a diverse opere apostoliche, tra le quali: l’Istituto degli Artigianelli, l’Editrice Queriniana, la Congregazione maschile della Santa Famiglia di Nazareth e la Congregazione delle Umili Serve del Signore.
Il segreto della sua intensa ed operosa vita sta nelle lunghe ore che egli dedicava alla preghiera. Quando era oberato di lavoro, aumentava il tempo per l’incontro, cuore a cuore, con il Signore.
 
Preferiva le soste davanti al santissimo Sacramento, meditando la passione, morte e risurrezione di Cristo, per attingere forza spirituale e ripartire alla conquista del cuore della gente, specie dei giovani, per ricondurli alle sorgenti della vita con sempre nuove iniziative pastorali.

IL SANTO – Giovanni Battista Piamarta 21/10/2012

Piazza San Pietro 21/10/2012 Benedetto XVI proclama sette nuovi Santi, uno di loro è Giovanni Battista Piamarta

 

Morirò qui con i miei ragazzi. Se dobbiamo morire, muoio con loro.

Domenica la Canonizzazione di Giovanni Battista Piamarta, cuore immenso a servizio dei giovani.
Stampa 2012-10-16 Radio Vaticana: Una vita spesa a servizio dei giovani e del loro futuro.
E’ questa una delle molte definizioni che meglio descrivono padre Giovanni Battista Piamarta, bresciano, che il Papa domenica prossima canonizzerà in Piazza San Pietro.
Fu il fondatore nel 1900 della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth e della Congregazione delle Suore Umili Serve del Signore. L’amore per i giovani culminò nella creazione dell’Istituto “Artigianelli” dedicato alla preparazione professionale e alla crescita cristiana di migliaia di ragazzi. Una figura attualissima secondo il postulatore, padre Igor Fabiano Manzillo. L’intervista è di Benedetta Capelli:
R. – E’ un’attualità sconvolgente, perché è andato a lavorare e a vivere tutta la sua vita, la sua esperienza di vita e di santità, proprio in un campo molto particolare: il campo dei giovani, ma giovani poveri del mondo del lavoro. Quindi, il suo grande desiderio è stato quello di dare famiglia, istruzione ed un lavoro a dei ragazzi, dei giovani che non avevano altre possibilità, che non avevano prospettive. Erano ragazzi poveri, abbandonati, orfani, in giro per la città, sarebbero diventati dei delinquenti. Ecco, l’idea è proprio questa: prendere questi ragazzi e renderli protagonisti del loro futuro, cioè, dando a loro un futuro; dare un futuro a dei giovani che erano, sicuramente, sprovvisti di futuro.
D. – Oggi, a tanti giovani che hanno bisogno di essere sostenuti, anche nel loro percorso lavorativo, che cosa può insegnare questa figura?
R. – Padre Piamarta diceva: “Al peggior giovane della città, se tu dai fiducia, dai speranza, dai la capacità di compiere miracoli”. Se noi carichiamo i nostri giovani di fiducia e di speranza, li rendiamo capaci di fare miracoli. Ecco allora, l’idea che padre Piamarta, il pensiero che padre Piamarta può regalare ai giovani oggi, ai giovani del mondo del lavoro – così precario, così difficile: è questa grande fiducia nelle proprie capacità, perché le nostre capacità sono dono di Dio. Grande fiducia nella Provvidenza, come presenza di Dio che accompagna la nostra vita. Padre Piamarta diceva: “Io sono una piccola goccia d’inchiostro, in fondo al grande libro d’oro degli apostoli della carità”. Allora, io dico che questa goccia diventa santa: diventa santa la macchia che è stato padre Piamarta. Anche tutti noi, tutti i nostri giovani, quando, per mille problemi ci sentiamo degli scarabocchi, abbiamo la possibilità di diventare dei “bei” scarabocchi.
D. – Che fine hanno fatto gli “artigianelli” di padre Piamarta?
R. – Gli “artigianelli” sono oggi un grande istituto, con 700 ragazzi impegnati nella formazione professionale – di cui un 20-23% sono ragazzi extracomunitari – e con un’altra scuola media di 300 alunni. Gli “artigianelli” sono oggi Istituti sparsi nella provincia di Brescia: Istituto Bonsignori di Remedello, Istituto Piamarta di Brescia, Istituto Santa Maria di Nazareth a Brescia. E inoltre, sparsi nelle parrocchie e nelle parrocchie degli istituti del Brasile, del Cile, dell’Angola e del Mozambico. Se voi pensate che abbiamo un istituto di quattromila ragazzi poverissimi – in uno dei quartieri più poveri di Luanda – dove anche insegnare a raddrizzare un chiodo, vuol dire cominciare ad insegnare un lavoro, ecco che possiamo dire veramente che gli “artigianelli” si sono diffusi in questi Paesi, e i padri degli “artigianelli” stanno aiutando questi ragazzi a crescere.
D. – C’è un episodio particolare al quale lei, come postulatore, si sente particolarmente legato nel raccontare, appunto, la profondità ed il carisma di padre Piamarta?
R. – Il carisma di padre Piamarta è questa attenzione ai giovani. Non c’è un fatto in sé particolare: è il grande fatto che tutte le mattine questo prete – dalle quattro alle sette e mezzo – se ne stava in chiesa, sicuramente al buio e al freddo, perché solo da lì lui poteva tirar fuori la forza per poi vivere in mezzo a questi ragazzi, insegnare un lavoro, trovare i fondi per aiutare questi ragazzi. Di fronte al vescovo che dice: “Don Giovanni: dobbiamo chiudere, perché l’Istituto è in rosso”, padre Piamarta: “Eccellenza, morirò qui con i miei ragazzi. Se dobbiamo morire, muoio con loro”.
 

Si fece scuro in volto e se ne andò …

Quel tale … “si fece scuro in volto e se ne andò rattristato, possedeva infatti molti beni”. Nel nostro sistema di vita, non a torto qualificato come «società del benessere», l’attaccamento alle cose diventa il grande ostacolo per una vita cristiana impegnata. Si mettono i beni davanti a tutto e a fondamento di tutto, e si crede così di trovare la via della felicità, ma «l’uomo è fatto per Dio e non trova pace se non in lui» (S. Agostino).
 
Crediamo di possedere le cose, ma in realtà ne siamo posseduti, diventandone schiavi. Non ci serviamo delle cose, ma ci lasciamo asservire dalle cose, e ci chiudiamo così ai valori dello Spirito. Il dilemma di quell’uomo che se ne va triste non è solo quello di una ricchezza che lo incatena e non gli permette di proseguire il suo slancio, la sua tragedia è quella di una religione che si risolve in una serie di comandamenti da osservare. La fede in Cristo non può risolversi nel semplice adempimento di qualche precetto. Il cristianesimo non può essere ridotto ad una morale. Purtroppo anche oggi è molto diffusa l’idea che essere cristiani coincida con il rispetto di alcune norme di comportamento.
L’imperativo, nei vangeli, non ha come oggetto un «fare», ma una persona da seguire. Il «bene», ciò che è «buono», non è l’osservanza di una norma, ma la persona stessa di Gesù Cristo. Proprio qui sta l’equivoco di quel ricco: non ha capito chi è Gesù, non ha riconosciuto in lui il dono di Dio agli uomini, né la preziosità del suo Regno, superiore a quella di tutti i beni terreni.
Solo questa comprensione del mistero di Gesù rende capaci di sacrificare tutto quanto per appartenere al Regno. Buona settimana e ci prepariamo ad accogliere il dono di Padre Piamarta Santo domenica 21 Ottobre.. 
 
Padre Gian Carlo
 

I pericoli della ricchezza

L'episodio del "giovane ricco" che la liturgia ci offre oggi nella versione di Marco (''Un tale", lo chiama lui) si apre sotto i migliori auspici. Va da Gesù e lo interroga sulla bontà e sulla vita eterna, volendo raggiungerle con tutto il cuore. Dalla giovinezza, infatti, osserva i comandamenti. Gesù fissa lo sguardo su di lui con amore: ne è felice, perché forse ha trovato un seguace disposto ad accogliere pienamente il Regno di Dio. C'è però ancora un requisito: slegare il proprio cuore dai tesori terreni, che non serviranno più. Saranno dati ai poveri e quel "tale" sarà libero di seguire fino in fondo Gesù.
La tristezza dell'uomo lascia l'amaro in bocca anche a noi, che siamo spesso incapaci di fare scelte così radicali. Le parole seguenti di Gesù, poi, ci interpellano la coscienza e a volte ci inchiodano alle nostre responsabilità. Davvero "è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno di Dio?". "E chi può essere salvato", se non per misericordia di Dio? Al di là della sobrietà a cui i cristiani sono chiamati oggi, è innegabile che Gesù mette tante volte in guardia dai pericoli della ricchezza. La bramosia di denaro tende a scacciare generosità e onestà, facendo dimenticare che Dio è il vero padrone di tutto. La ricchezza spesso si sposa con l'ingiustizia, perché trasforma la politica e il commercio in dominio e sfruttamento. Se noi mettiamo un sottile strato d'argento ad un vetro non vediamo più l'esterno, ma noi stessi: è diventato uno specchio.
Così la ricchezza tende a farci pensare unicamente a noi stessi e alla nostra cerchia, e dimentichiamo l'essenziale: l'amore e la condivisione sono il vero capitale agli occhi di Dio.
E non si consumerà mai.
 

Lasciate che i bambini vengano a Me

"Lasciate che i bambini vengano a Me, non glielo impedite; a chi è come loro appartiene il Regno di Dio" … Quante volte all’interno delle famiglie si impedisce ai bambini di arrivare a Gesù, fonte delle vita e della gioia: quando le nostre azioni sono poco evangeliche, quando la preghiera resta estranea alla nostra giornata e la messa alla nostra domenica, quando i pregiudizi regolano i rapporti con gli altri, quando le cose vengono prima delle persone, quando non li ascoltiamo e non li rispettiamo nella loro età, quando parliamo di tutto ma non una parola su nostro Signore, quando la fede è legata ai sacramenti (che devono ricevere) ma non alle scelte della vita familiare … “Essere bambini”, come Gesù chiede, non vuol dire ripiegarsi nell’infantilismo, ma di riconoscere la propria povertà e debolezza davanti a Dio. Questo atteggiamento ci libera dalla pretesa e dalla presunzione di poter acquistare la salvezza con le sole nostre forze, e ci dispone a far nostra la semplicità di un bambino che non ha niente da dare in cambio. Buona settimana e Dio ti benedica.

PS.: La frase di Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a Me!” che era contenuta nella prima preghiera a Padre Piamarta per la sua beatificazione ancora oggi mi emoziona quando l’ascolto e sempre mi chiedo se sono stato un buon “traghettatore” verso Gesù dei bambini e dei ragazzi che ho incontrato?!?

Padre Gian Carlo

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