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Una mini-infiorata della Chiesa di Sant’Anna

Nella nostra Chiesa, più precisamente nella Cappella dedicata dell’Adorazione, quest’anno, credo per la prima volta, abbiamo avuto la nostra piccola “infiorata” . Piccola, è vero, ma per noi grande nel significato.

 L’Infiorata è una testimonianza di Fede e di Onore a Dio, ma anche di amore alle persone. In certe parti è espressione di antiche tradizioni, ma per noi qui è stata una sorpresa. Per questo c’è da dire subito che in molti ci siamo commossi sentendo riaffiorare ricordi emozionanti, ma lontani nel tempo.

 Certo ben altre celebri Infiorate ornano luoghi di culto e piazze di città e paesi, e da decenni o da secoli fanno addirittura da richiamo per visitatori e turisti

Ma noi sentiamo e vogliamo doverosamente fare i complimenti a chi ha avuto l’idea e l’ha realizzata. E chissà che questa “nostra” di quest’anno non sia come un seme gettato lì per far nascere e crescere anche a Pontinia una bella tradizione!

L’ occasione è stata la festa del “Corpus Domini” che si è conclusa con la processione per le vie della nostra città.
E’ un evento “speciale”. E’ Cristo, umile ma veramente presente nell’ Ostia, che esce dalla Chiesa e cammina fra le nostre case, che percorre le nostre stesse strade, che guarda la città, la comunità, le persone, i cuori.

L’usanza di ornare le finestre ed i balconi al passaggio del Santissimo, magari con gli arredi migliori in segno di omaggio, di onore e di amore, purtroppo quest’anno non è stata rispettata. Ma c’è da dire che Pontinia è una città giovane, nella quale certe tradizioni non sono ancora radicate.
Potrebbe essere nostro compito nel prosieguo del tempo trasmettere alla nostra gioventù quelle usanze e quei valori che arricchiscono le comunità e sono segno ed augurio di fede e di amore a Dio ed alla gente.

Ci auguriamo che il prossimo anno, con la buona volontà e la collaborazione di tutti, l’infiorata di Pontinia cresca nella dimensione materiale, oltre che in quella ideale già grande. Ci auguriamo pure che la processione, oltre che affollatissima, sia ravvivata da drappi, da tovaglie ricamate ecc. che dalle finestre e dai balconi della nostra città onorino sia il Corpo di Cristo presente nell’Ostia, sia quello formato da tutti i fedeli certi delle parole del Signore: “Dove due o più sono uniti nel mio Nome Io sarò in mezzo a loro”.

Una fedele

infiorata

Ciò che è del Padre è anche nostro

La Trinità si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fosse un dogma astratto ma come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge.
Lo Spirito mi glorificherà: prenderà del mio e ve lo annuncerà.
La gloria per Gesù, ciò di cui si vanta, la pienezza della sua missione consiste in questo: che tutto ciò che è suo sia anche nostro.
Dio gode nel mettere in comune. Ciò per cui Cristo è venuto: trasmettere se stesso e far nascere in noi tutti un Cristo iniziale e incompiuto, un germe divino incamminato.
Tutto quello che il Padre possiede è mio. Il segreto della Trinità è una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l'uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza fuori di sé, oltre sé. Una casa aperta a tutti gli amici di Gesù.
La gloria di Gesù diventa la nostra: noi siamo glorificati, cioè diamo gioia a Dio e ne ricaviamo per noi godimento e pienezza, quando facciamo circolare le cose belle, buone e vere, le idee, le ricchezze, i sorrisi, l'amore, la creatività, la pace…
Nel dogma della Trinità c'è un sogno per l'umanità. Se Dio è Dio solo in questa comunione di doni, allora anche l'uomo sarà uomo solo nella comunione.
E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che ostruiscono la circolazione della vita, e vene troppo gonfie dove la vita ristagna e provoca necrosi ai tessuti. Ci sono capitali accumulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze cui non è permesso di fiorire e portare il loro contributo all'evoluzione dell'umanità; linee tracciate sulle carte geografiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di là, per motivi diversi, si soffre…
Tutto circola nell'universo: pianeti e astri e sangue e fiumi e vento e uccelli migratori… È l'economia della vita, che si ammala se si ferma, che si spegne se non si dona. Come nel racconto della ospitalità di Abramo, alla querce di Mambre: arriva uno sconosciuto all'accampamento e Abramo con dolce insistenza lo forza a fermarsi e a mettersi a tavola. All'inizio è uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre.
E noi vorremmo capire se è Dio o se sono solo dei viandanti. Vorremmo distinguere ciò che non va distinto. Perché quando accogli un viandante, tu accogli un angelo, l'ha detto Gesù: ero straniero e mi avete accolto.
L'ospitalità di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondità di Sara che sarà madre. Forse qui c'è lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo come il grembo di Sara: riprendiamo anche noi il senso dell'accoglienza e ci sarà vita nella tenda, vita nella casa.
 
P. Ermes Ronchi
 

Pontinia in festa! Prime Comunioni 2013

primacomunioneEcco finalmente arrivato il momento tanto atteso. 
I comunicandi -un centinaio- della nostra Parrocchia di S. Anna, suddivisi in tre turni, sono pronti a ricevere Gesù. E’ un evento di grande entusiasmo per tutta la nostra città.
Dopo due anni di preparazione nella quale i bambini hanno compiuto un impegnativo percorso, curato prima da P. Mario Farinella e poi da P. Nicola Muciaccia, e da noi catechiste, tutti i bambini nei giorni precedenti al loro turno hanno  partecipato ad un ritiro. Un incontro molto ben strutturato ed intenso, ricco di preghiera, di emozioni, di gioco e di riflessioni. La Confessione, vissuta con consapevolezza e gioia.
 I ragazzi hanno manifestato un grande interesse, tanto che uno ha commentato: “E’ stato il più bel giorno di catechismo” ed un altro ha osservato: “la Confessione fa bella la Comunione!”  E’ stato anche messa in evidenza l’importanza della domenica vissuta cristianamente e la responsabilità personale di fronte al dono dell’Eucaristia.
Sì, finalmente è arrivato il momento tanto desiderato. 
E così in queste domeniche, mentre la Corale S. Anna intona il canto  evocativo:“Fanciulli noi siamo, Signore, veniamo a Te, come un giorno, rapiti dal puro tuo volto ,i bimbi correvano a Te…” dalla porta centrale della Chiesa i comunicandi entrano  in fila dietro la croce. Dritti nelle bianche tuniche, composti con le mani giunte si fermano ai loro posti. La loro emozione si trasmette a i tutti fedeli che affollano la Chiesa. I genitori, già in attesa dietro i loro figli , sentono il cuore trasalire di una commozione mai provata. In tutta l’assemblea corre un brivido di emozione e di tenerezza. C’è grande gioia ed emozione.
I bambini chiamati ad uno ad uno per nome, si alzano dicendo: “Eccomi”. 
Anni fa i genitori li portarono all’altare per il Battesimo e loro stessi hanno risposto alle domande nel rito. Ora invece questi figli personalmente rispondono: “Eccomi”. Davanti al Signore cominciano ad essere responsabili di sé. 
Il loro “Eccomi” si traduce poi in un coro di voci bianche, ottimamente diretto da Roberta Cappuccilli, mentre la Corale S. Anna fa da sottofondo, lasciando emergere le fresche vocine che con sicurezza cantano al Signore la gioia di incontrarlo: “Oggi io sarò più vicino a Te, Signore, perché Tu verrai come un amico dentro al mio cuore…”.
P. Valeriano Montini, parroco, sottolinea il significato di questo bel canto, riprendendone le parole “Camminiamo insieme lungo le strade dell’amore, che hai fatto per me, Signore” come augurio che racchiude il senso e il segreto della vita cristiana. 
Seguono le letture liturgiche, con il Vangelo solennemente proclamato dall’alto dell’ambone. È ora il momento dell’omelia. 
 Il Parroco in modo discorsivo e coinvolgente si rivolge ai bambini esaltando la bellezza e l’unicità di questo loro intimo, primo incontro con Gesù nell’Eucaristia. Gesù bussa alla porta del cuore  per offrire il suo amore, la sua consolazione, la sua forza, il suo perdono. Dio vuole abitare in noi, se l’accogliamo. Alla fine racconta  un episodio significativo accadutogli anni fa. Alcune persone povere ed indigenti , sedute fuori della chiesa  più che  spiccioli o  pane rivendicavano il bisogno e il diritto di ricevere Dio,  gridavano:”Give us God!” (Dacci Dio!).
Forse anche noi genitori e tutti noi adulti, a ben pensarci abbiam  seriamente bisogno di Dio, perché corriamo il rischio che la trascuratezza e persino l’abitudine ci rendono superficiali e scarsi portatori di fede e di vero amore a Dio ed al prossimo.
Dopo la silenziosa adorazione durante la Consacrazione, giunge il momento tanto atteso della Comunione. L’atteggiamento composto dei bambini rivela la loro consapevolezza e la loro emozione. Si alzano uno alla volta, a mani giunte. Alle parole “Il Corpo ed il Sangue di Cristo” ciascuno sussurra emozionato: “Amen!” ed il Parroco dà loro l’Ostia consacrata intinta nel Calice.
Restano raccolti in preghiera, con gli occhietti chiusi.  E’ un incontro personale con Gesù. Sono attimi preziosi, di cui solo il Signore e i bimbi conoscono la segreta delizia. 
Quali preghiere abbiano formulato nel loro cuore lo sopranno solo loro, forse han sussurrato: “Ti voglio bene, Gesù. Ti ringrazio di tutto. Ti prego per i miei genitori… Signore voglio essere più buono, più sincero… ”. Così promettono e pregano.
Riprendono  assieme il loro bel canto, come risposta al dono ricevuto. “Insieme a Te, uniti a Te, la nostra vita si trasformerà…”.
Infine vien fatta la preghiera conclusiva, il Presidente raccomanda ai genitori che, baciando i loro bambini, siano profondamente consapevoli di baciare Gesù, ospite del loro cuore.  Ed a ricordo vien data a ciascuno una pergamena ed un interessante libro. L’assemblea si scioglie in applausi.
Noi catechiste siamo state attentissime perché tutto procedesse al meglio, ma ciò che davvero ci interessa e ci auguriamo è che questi bambini conoscano sempre meglio Gesù, si innamorino di Lui e lo “ricevano” spesso. E’ lo stesso Gesù ad invitarci alla sua mensa: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv. 6, 51).
Questa è la nostra preghiera ed il nostro caloroso augurio ai bambini e alle loro famiglie. 

Le catechiste

Anna Maria, Antonella, Cristina, Laura, Lidia, Teresa

Per una nostra Pentecoste

SantoSpirito1
Cari ragazzi che state per fare la Cresima,
a quest’ora ferveranno i preparativi e un sacco di persone sobilleranno le vostre ansie. Sarà solo una “parata” o qualcosa di più? Questo Spirito Santo di cui tanto abbiamo parlato cambierà qualcosa nella vostra vita? Proprio ieri Enrico mi ha fatto l’elenco dei regali… e lo Spirito sembrava proprio lontano.
In realtà è proprio quello IL regalo, ma è uno dei tanti che mettiamo da parte dopo un’occhiata superficiale, convinti che non serva poi a granché. Eppure a catechismo abbiamo detto che è Sapienza, Intelletto, Consiglio, Forza, Conoscenza, Pietà e Riverenza verso Dio; o in maniera più simbolica che è fuoco che scalda, acqua che disseta, aria da respirare… Tutte cose buone, ma il Vangelo di Pentecoste ci aiuta semplificando: lo Spirito è l’aiuto di Dio per avere la chiarezza della gioia perfetta.
Cari ragazzi, in tutta la vostra vita incontrerete venditori di presunta gioia: l’ultima versione della playstation, un televisore HD o una bianca polverina magica per risolvere ogni problema… a volte sentirete voci opposte e dovrete scegliere: meglio oasi di piacere a buon mercato o apertura a una relazione più impegnativa? Qualche nozione appiccicata lì per avere un “pezzo di carta” o la scommessa nell’imparare per il gusto di conoscere di più e meglio? Una giostra di emozioni o la scelta consapevole per vivere e non sopravvivere?
Gesù non ha mai venduto niente: quello che aveva l’ha semplicemente regalato. I suoi consigli sono gratis, così come è gratis quella potenzialità che oggi viene ribadita da un segno: dentro di voi c’è una voce chiara e limpida che è la gioia. I suoi surrogati come l’istinto, i doveri, addirittura la felicità (che è passeggera, dura poco più di un attimo!), tendono a fuorviarci. La gioia è duratura, anche se spesso non riusciamo a rimanere in Lei. Eppure essa è veramente la voce di Dio, mansueta, attenta, limpida e liberante. Questo è il mio augurio, questa è la mia promessa d’impegno per il tempo che trascorreremo ancora insieme. Aiutarvi a vederla, a sceglierla, a costruirla.
 
Il vostro catechista

Chiamati a lasciarci amare da Dio

La benedizione di Gesù è un abbraccio che dà vita!Se uno mi ama, osserverà la mia parola. Affermazione così importante da essere ribadita subito al negativo: chi non mi ama non osserva le mie parole, non riesce, non ce la può fare, non da solo.
Una limpida constatazione: solo se ami il Signore, allora e solo allora la sua Parola, il tuo desiderio e la tua volontà cominciano a coincidere. Come si fa ad amare il Signore Gesù? L'amore verso di lui è un'emozione, un gesto, molti gesti di carità, molte preghiere o sacrifici? No. Amare comincia con una resa, con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si accoglie.

Io sono un campo dove circola vento, cade pioggia di vita, scoccano dardi di sole. «Capisco che non posso fare affidamento sui pochi centesimi di amore che soli mi appartengono, non bastano per quasi nulla. Nei momenti difficili, se non ci fossi tu, Padre saldo, Figlio tenero, Spirito vitale, cosa potrei comprare con le mie monetine?» (M. Marcolini).
Proprio come continua il Vangelo oggi: e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Noi siamo il cielo di Dio, abitati da Dio intero, Padre Figlio e Spirito Santo. Un cielo trinitario è dentro di noi. Ci hanno spesso insegnato che l'incontro con il Signore era il premio per le nostre buone azioni. Il Vangelo però dice altro: se, come Zaccheo, ti lasci incontrare dal Signore, allora sarà lui a trasformarti in tutte le tue azioni.
Simone Weil usa questa delicata metafora: Le amiche della sposa non conoscono i segreti della camera nuziale, ma quando vedono l'amica diversa, gloriosa di vita nuova, con il grembo che s'inarca come una vela, allora capiscono che a trasformarla è stato l'incontro d'amore. Ci è rivolta qui una delle parole più liberanti di Gesù: il centro della fede non è ciò che io faccio per Dio, ma ciò che Dio fa per me. Al centro non stanno le mie azioni, buone o cattive, ma quelle di Dio, il Totalmente Altro che viene e mi rende altro.
Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, alla relazione affettuosa con Dio, allo stringersi a Lui come un bambino si stringe al petto della madre e non la vuol lasciare, perché per lui è vita.
Lo Spirito vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. Una affermazione colma di bellissimi significati profetici. Due verbi: Insegnare e Ricordare. Sono i due poli entro cui soffia lo Spirito: la memoria cordiale dei grandi gesti di Gesù e l'apprendimento di nuove sillabe divine; le parole dette «in quei giorni» e le nuove conquiste della mente e dell'anima che lo Spirito induce. Colui che in principio covava le grandi acque e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a librarsi, creatore, sugli abissi del cuore.

P. Ermes Ronchi

Maggio, il mese mariano

Carissimi, 
la preziosa tradizione della nostra parrocchia, di trovarci  di sera nel mese di Maggio per pregare assieme il Santo Rosario, giovani e anziani, uomini e donne, sani e malati, bambini e famiglie, è  un’occasione bella non solo per incontrare i nostri vicini, ma anche per fare presente il “CIELO” nella nostra terra e nelle nostre famiglie.
Sempre più, magari senza accorgerci, ci troviamo coinvolti dalla fretta, dalle ansie, dalle cose da fare, e in fondo un po’ tutti sentiamo il desiderio di  un po’ di sana pace e di vero coraggio in un momento così difficile.
Anche Gesù sentiva il bisogno di stare un poco  in disparte con i suoi, per avere momenti intensi di tranquillità e di preghiera che Lo aiutassero per la Sua missione. Forse fu proprio in uno di questi momenti  che i discepoli gli chiesero: ”Gesù, insegna anche a noi a pregare”. 
Per questo, sono contento di riproporre a tutti i Pontiniesi la bella e terapeutica tradizione di ritrovarci a vivere con semplicità  questi momenti serali di preghiera con Maria.
Forse nascerà anche in noi, piano piano, il desiderio di dire: “Maria, insegnaci a pregare, anzi, prega per noi e con noi… che siamo figli tuoi!
Il Rosario, preghiera semplice, è anche una forma per  “abbracciare i nostri cari che già ci hanno preceduto” e per “stare vicino e sostenere” quelli con cui viviamo.
Pregare è un’ atteggiamento interiore, ma si trasforma in forza e coraggio per la vita.

P.S. Non abbiamo paura ad invitare le persone che amiamo e che vorremmo amare. Buon Mese di Maggio.                             

P. Valeriano Montini

Amare l’altro con lo ‘stile’ di Gesù

Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri.
Sì, ma di quale amore? Parola così abusata, parola che a pronunciarla male brucia le labbra, dicevano i rabbini. Noi confondiamo spesso l'amore con un'emo­zione o un'elemosina, con un gesto di solidarietà o un momento di condivisione.
Amare sovrasta tutto questo, perché contiene il brivido e­mozionante della scoperta dell'altro, che ti appare non più come un oggetto ma come un evento, come colui che ti dà il gusto del vivere, che spalanca sogni, che ha la forza dolce delle nascite, che ti fa nascere, con il meglio di te. Per amare devo guardare u­na persona con gli occhi di Dio, quando adotto il suo sguardo luminoso divento capace di scoprirne tutta la bellezza e grandezza e uni­cità. E da questo si sprigiona fervore, meraviglia, incanto del vivere. Io vado dall'altro come ad una fonte, e mi disseta. Allora lo posso amare, e nell'amore l'altro diventa il mio maestro, colui che mi fa camminare per nuovi sentieri. Allo stesso modo anche i due sposi devono amarsi come due maestri, ciascuno maestro dell'altro, ciascuno messo in cammino verso orizzonti più grandi. Lasciarsi abitare dalle ricchezze dell'altro, e la vita diventa immensamente più felice e libera. Allo stesso modo anche il povero che incontro o lo straniero che bussa alla mia porta li posso guardare come fossero i «nostri signori» (san Vincenzo de Paolis), e imparare quindi a dare come faceva Gesù: non come un ricco ma come un povero che riceve, come un mendicante d'amore. E pensare davanti al povero: sono io il povero, fatto ricco di te, dei tuoi occhi accesi, della tua storia, del tuo coraggio.
Vi do un comandamento nuovo. Non si tratta di una nuova ingiunzione, ma della regola che protegge la vita umana, dove sono riassunti del destino del mondo e la sorte di ognuno: «abbiamo tutti bisogno di molto amore per vivere bene» (Maritain).
Dove sta la novità? Già nell'Antico Testamento era scritto ama Dio con tutto il cuore, ama il prossimo tuo come te stesso.
La novità del comando sta nella parola successiva: Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Non dice quanto vi ho amato, impossibile per noi la sua misura, ma come Gesù, con il suo stile unico, con la sua eleganza gentile, con i capovolgimenti che ha portato, con la sua creatività: ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai. I cristiani non sono quelli che amano (lo fanno in molti sotto tutte le latitudini) ma quelli che amano come Gesù: se io vi ho lavato i piedi così fate anche voi, fatelo a partire dai più stanchi, dai più piccoli, i vostri signori…
Come Lui, che non solo è amore, ma esclusivamente amore.

P.Ermes Ronchi

Pellegrinaggio a S.Rita da Cascia

 
“Vorrei trasmettere il film di questa giornata alla mia famiglia, con le stesse emozioni e speranze con cui l’ho vissuta io!”.
Brava, Onorina, hai interpretato il pensiero di tutti noi.
Anche noi, come il poeta, potremmo dire: ”Stagion lieta è cotesta…” annunciata già dalla letizia provata all’annuncio dell’”Habemus papam… Franciscum” e dall’irrompere della Pasqua di Risurrezione. È ora di rinnovarsi, è ora di andare come pellegrini nell’anno della fede. Ed anche noi partiamo per Cascia, sotto l’accurata organizzazione del pazientissimo William Sacchetto e con la guida straordinaria del nostro parroco, padre Valeriano Montini.
Parte solo un pullman (nessun posto libero), ma è come se si spostasse una piccola, privilegiata porzione della nostra parrocchia.
Sono seduta giù in fondo e, davanti a me, osservo sporpresa persone attentissime, attratte dall’assertiva, lieta e profonda spiritualità del parroco, che ci spiega gli inni e i salmi delle lodi mattutine, i canti e le meditazioni tratte dall’Imitazione di Cristo a supporto di rosari intensamente partecipati. […]
 
Continua la lettura: Pellegrinaggio S.Rita
 
 

Quella domanda: mi ami tu?

Gli Apostoli sono tornati là dove tutto ha avuto inizio, al loro mestiere di prima, alle parole di sempre: vado a pescare, veniamo anche noi; e poi notti di fatica, barche vuote, volti delusi. L'ultima apparizione di Gesù è raccontata nel contesto della normalità del quotidiano. Dentro di esso, nel cerchio delle azioni di tutti i giorni anche a noi è dato di incontrare Colui che abita la vita e le persone, non i recinti sacri.
Gesù ritorna da coloro che l'hanno abbandonato, e invece di chiedere loro di inginocchiarsi davanti a lui, è lui che si inginocchia davanti al fuoco di brace, come una madre che si mette a preparare da mangiare per i suoi di casa. È il suo stile: tenerezza, umiltà, custodia. Amici, vi chiamo, non servi. Ed è molto bello che chieda: portate un po' del pesce che avete preso! E il pesce di Gesù e il tuo finiscono insieme e non li distingui più. In questo clima di amicizia e semplicità, seduti attorno a un fuocherello, si svolge il dialogo stupendo tra Gesù e Pietro.
Gesù, maestro di umanità, usa il linguaggio semplice dell'amore, domande risuonate sulla terra infinite volte, sotto tutti i cieli, in bocca a tutti gli innamorati che non si stancano di sapere: mi ami? Mi vuoi bene?
Semplicità estrema di parole che non bastano mai, perché la vita ne ha fame; di domande e rispo­ste che anche un bambino capisce perché è quello che si sente dire dalla mamma tutti i giorni.
Il linguaggio del sacro diventa il linguaggio delle radici profonde della vita. La vera religione non è mai separata dalla vita.
Seguiamo le tre domande, sempre uguali, sempre diverse: Simo­ne, mi ami più di tutti? Pietro ri­sponde con un altro verbo, quello più umile dell'amicizia e dell'affetto: ti voglio bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il cuore dell'uomo: ti sono amico. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario. Gesù adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina, lo raggiunge là dov'è: Simone, mi vuoi bene? Dammi affetto, se l'amore è troppo; amicizia, se l'amore ti mette paura. Pietro, sei mio amico? E mi basterà, perché il tuo desiderio di amore è già amore.
Gesù rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa più importante di se stesso: l'amore vero mette il tu prima dell' io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d'amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, e un cuore sincero.
Nell'ultimo giorno sono certo che se anche per mille volte avrò tradito, il Signore per mille volte mi chiederà soltanto questo: Mi vuoi bene? E io non dovrò fare altro che rispondere per mille volte, soltanto questo: Ti voglio bene.

P. Ermes Ronchi

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