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Un cuore che vede

File:Samaritan.jpgIl Vangelo di questa domenica si apre con la domanda che un dottore della Legge pone a Gesù: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Sapendolo esperto nelle Sacre Scritture, il Signore invita quell'uomo a dare lui stesso la risposta, che infatti egli formula perfettamente, citando i due comandamenti principali: amare Dio con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, e amare il prossimo come se stessi. Allora il dottore della Legge, quasi per giustificarsi, chiede: "E chi è mio prossimo?". Questa volta, Gesù risponde con la celebre parabola del "buon Samaritano", per indicare che sta a noi farci "prossimo" di chiunque abbia bisogno di aiuto. Il Samaritano, infatti, si fa carico della condizione di uno sconosciuto, che i briganti hanno lasciato mezzo morto lungo la strada; mentre un sacerdote e un levita erano passati oltre, forse pensando che a contatto con il sangue, in base ad un precetto, si sarebbero contaminati. La parabola, pertanto, deve indurci a trasformare la nostra mentalità secondo la logica di Cristo, che è la logica della carità: Dio è amore, e rendergli culto significa servire i fratelli con amore sincero e generoso.
Questo racconto evangelico offre il "criterio di misura", cioè "l'universalità dell'amore che si volge verso il bisognoso incontrato «per caso», chiunque egli sia". Accanto a questa regola universale, vi è anche un'esigenza specificamente ecclesiale: che "nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun membro soffra perché nel bisogno". Il programma del cristiano, appreso dall'insegnamento di Gesù, è "un cuore che vede" dove c'è bisogno di amore, e agisce in modo conseguente .(si può riprendere l'insegnamento dell'enciclica Deus Caritas est oppure i richiami preziosi di papa Francesco)
Gesù risponde allo scriba desideroso di sapere chi è il suo prossimo non con una definizione teorica, ma con la parabola del buon Samaritano, che ha tutta la parvenza di un fatto tratto dal vero. Gesù la racconta mentre sta attraversando la Samaria, diretto a Gerusalemme. Continuando il suo cammino, Egli passerà da Gerico. Risalirà quella strada da cui è disceso l'uomo della parabola che cade nelle mani dei briganti.
E' una strada ripida e in mezzo a dirupi e burroni, che sale attraverso l'arido deserto di Giuda, simbolo del cammino tenebroso del male ma anche di quello faticoso della Redenzione. […]

Continua la lettura: buon samaritano

Don Roberto Rossi

In udienza da Papa Francesco

Pellegrinaggio a Lanciano e Manoppello

È sera, ormai. Siamo appena rientrati dal pellegrinaggio in Abruzzo e ci scambiamo velocemente le nostre impressioni: che cosa ti è piaciuto di più del viaggio? La risposta unanime è “Tutto, proprio tutto!”.
Anch’io sono tranquilla e serena, appagata: questo giorno non è trascorso invano.
Siamo partiti all’alba per Lanciano (CH), l’antica Anxanum dei Frentani, per adorare l’Ostia del Miracolo Eucaristico, antico di dodici secoli, per poi raggiungere Manoppello e sostare in contemplazione del Volto Santo.
Il nostro parroco-missionario P. Valeriano Montini, si prodiga affinché questo gruppo di  56 parrocchiani si amalgami e si concentri sul significato spirituale vero, profondo del viaggio. Nessuno di noi è un’isola, una monade, nessuno di noi è qui per caso, egli afferma con forza, ma siamo stati chiamati uno per uno dal Signore per formare una piccola comunità in preghiera, in ascolto di ciò che Lui vorrà suggerirci in questo pellegrinaggio.
Così, il rosario scorre nelle nostre mani, mentre meditiamo le emozionanti riflessioni di “Don” Tonino Bello, il Vescovo di Molfetta, già proclamato Servo di Dio.
“Santa Maria, egli invoca, mettiti affianco a noi; se ci vedi sbandare non aspettare il nostro grido di aiuto. Tu che sei stata ai piedi della croce, ripeti quell’esperienza con noi, sorvegliaci nell’ora suprema e implora la misericordia del tuo Figlio affinché entriamo nel suo regno di luce”.
Anche le litanie lauretane, spiegate approfonditamente dal parroco, rivelano tutta la loro bellezza, che scende in noi come un balsamo.
 A questa meraviglia spirituale corrispondono le meraviglie del paesaggio che scorre sotto i nostri occhi, ben diverso da quello dell’Agro Pontino.
Ammiriamo le montagne, sempre più imponenti, fino alla Maiella, alta quasi il doppio della nostra Semprevisa; la natura è in festa in questo inizio d’estate: le verdi pendici sono fittamente punteggiate da innumerevoli cespugli di ginestre, di un giallo radioso. La preghiera è spontanea: quante sono le tue opere, Signore. Le hai fatte tutte con saggezza; la Terra è piena delle tue creature. Benedici il Signore, anima mia (dal salmo 103).[…]
 
 
Teresa Medici

Da Pontinia Radio Maria – Ora di Spiritualità

Oggi, dalle 16:45 alle 17:45, ora di spiritualità in diretta dalla Chiesa S.Anna di Pontinia

NON MANCATE!!!

 

La domanda decisiva “Chi sono io per te?”

Gesù dice al paralitico: «Àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». Quello si alzò e prese la sua barella e se ne andò.Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare… Silenzio, solitudine, preghiera sono il grembo in cui si chiarisce l'identità profonda. Sono i momenti in cui la verità si fa come tangibile, la senti sopra, sotto, intorno a te come un manto luminoso; in cui ti senti docile fibra dell'universo. E in quest'ora speciale Gesù pone la domanda decisiva, qualcosa da cui poi dipenderà tutto: fede, scelte, vita… ma voi chi dite che io sia?
Preceduta da un «ma», come in contrapposizione alle risposte della gente: dicono che sei un profeta, bocca di Dio e dei poveri, una creatura di fuoco e luce. Quella di Gesù non è una domanda per esaminare il livello di conoscenza che gli apostoli hanno di lui, ma contiene il cuore pulsante dei miei giorni di credente: Chi sono io per te? Non è in gioco l'esatta definizione di Cristo, ma la presa, lo spazio che occupa in me, nei pensieri, nelle parole, nella giornata. Il tempo e il cuore che mi ha preso.
Gesù, maestro di umanità, non impone risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro di te. Allora il passato non basta, non serve riandare ad Elia o a Giovanni. In Gesù c'è un presente di parole mai udite, di gesti mai visti, una mano che ti prende le viscere e ti fa partorire (A. Merini). Partorire vita più grande.
Pietro risponde con la sua irruenza: tu sei il Cristo di Dio. Il messia di Dio, il suo braccio, il suo progetto, la sua bocca, il suo cuore. Ma Pietro non sa che cosa lo aspetta. La risposta di Gesù ci sorprende ancora: ordinò severamente di non dire niente a nessuno. Severamente, perché c'era il grave rischio di annunciare un Messia sbagliato. Ed è lui stesso a tracciare il vero volto del Figlio dell'Uomo che deve soffrire molto, venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Dio è passione, passione d'amore. Passione che sacrifica se stessa. Una passione che nessuna tomba può imprigionare.
Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua.
Seguire Cristo significa portare avanti il suo progetto. Ma come? Gesù non dice «prenda la mia croce», ma la sua, ciascuno la sua. Il progetto è unico, ma ognuno percorrerà la sua strada libera e creativa, diversa da tutte, che deve tracciare, che non è già tracciata. La croce è la sintesi del Vangelo. Qualunque sia il tuo stato di vita, l'età, il lavoro, la salute, tu puoi, con le tue fatiche, i tuoi talenti e le debolezze, prendere il Vangelo su di te e collaborare con Cristo alla sua stessa missione, allo stesso sogno di una umanità incamminata verso una vita buona, lieta e creativa, «non come un esecutore di ordini ma come un artista sotto l'ispirazione dello Spirito» (Maritain).

P. Ermes Ronchi

La compassione del Signore ridona la vita

Fig. 16 - La risurrezione del figlio della vedova di NaimNel piccolo paesino di Naim giunge Gesù accompagnato dai discepoli e da una folla numerosa, che canta e loda Dio con gioia. Mentre Egli sta per entrare attraverso la porta cittadina, ecco uscirne un corteo funebre. S'incontrano dunque due processioni: la processione "della morte", che esce dalla città ed accompagna la vedova che porta il suo unico figlio verso il sepolcro, e la processione "della vita", che entra in città ed accompagna Gesù.
Il Vangelo racconta con straziante semplicità che il giovanetto era l'unico figlio di una madre rimasta vedova. Su quel figlio la povera madre aveva concentrato tutto il suo amore e le sue speranze. Ed ora veniva proprio colpita nel suo affetto più caro.
E' la compassione che spinge Gesù a parlare e ad agire. Compassione significa letteralmente "soffrire con", assumere il dolore dell'altra persona, identificarsi con lei, sentire con lei il dolore. E' la compassione che mette in azione in Gesù il suo potere: il potere della vita sulla morte.
Il caso era particolarmente pietoso, e forse ciò spiega anche perché molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: "Non piangere!". Queste due parole erano state certamente ripetute centinaia o migliaia di volte in quella giornata alla povera donna, ma rimanevano soltanto parole e non avevano su di lei lo stesso effetto di quando le ha pronunciate Gesù.
Riferisce il Vangelo: Vedutala, il Signore ebbe pietà di lei. Dicevamo che Gesù si sentì fortemente commosso. Non chiese e non pretese dalla poveretta nulla che costituisse un atto di fede nei suoi riguardi. Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. "Ragazzo, dico a te, àlzati!" Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. E lo restituì a sua madre.
A volte, nel momento di un grande dolore causato dalla morte di una persona amata, qualcuno potrebbe dire: "Al tempo di Gesù, quando Egli camminava su questa terra, c'era speranza di non perdere una persona cara, poiché il Signore poteva risuscitarla". Queste persone considererebbero dunque l'episodio della risurrezione del figlio della vedova di Nain come un evento del passato, che suscita nostalgia e forse una certa invidia. L'intenzione del Vangelo, non può essere certo questa, bensì vuole aiutarci a sperimentare meglio la presenza viva di Gesù in mezzo a noi. E' lo Stesso Gesù, capace di vincere la morte e il dolore della morte, che continua a operare vivo in mezzo a noi. Lui è con noi oggi e, dinanzi ai problemi del dolore che ci abbattono, ci ripete: "Dico a te, alzati!"
La descrizione è quanto di più vivo ed immediato si possa immaginare; nella scena c'è tutto il realismo dei portatori che si fermano sorpresi da quell'inaspettato intervento, e del morto tornato in vita che sbalordito ben più dei portatori, per prima cosa si mette a sedere sulla bara, quasi per prendere il tempo per orientarsi e rendersi conto di quanto era successo..
Gesù ha operato in nome proprio, per virtù di un potere soprannaturale, avendo cura di affermarlo esplicitamente. E' stata questa la dimostrazione, la prova sperimentale di un'affermazione che Gesù aveva fatto un anno prima a Gerusalemme, quando i farisei lo avevano accusato di essere un bestemmiatore perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Il potere di risuscitare i morti appartiene solo a Dio. Egli possiede questo potere in nome proprio; perciò Egli è Dio.
Dal pianto si passa alla gioia. Glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi". Dio ha visitato il suo popolo. Gesù ha pietà di una donna che non conosceva. Chissà quante donne sofferenti avrà incontrato, ma lei Lo ha colpito in modo particolare. I Suoi discepoli, coloro che Lo seguivano, stavano cantando, facevano festa, e forse questo Lo ha fatto commuovere. Come dire: "Noi stiamo ballando e cantando e qui c'è una donna che rimane sola, che soffre, che piange per la perdita di un figlio e con lei tutto il villaggio".
E che dire della donna? Probabilmente non avrebbe mai pensato che a consolarla di questo grande dolore si fosse presentato proprio Gesù stesso. Non Lo conosceva, ma ne avrà sicuramente sentito parlare; infatti, Gesù aveva già pronunciato il cosiddetto discorso delle beatitudini e tante persone Lo avevano ascoltato. Poteva anche aver pensato: "Adesso che io rimango sola, senza marito e senza figlio, quel Gesù di cui tanti parlano bene, dov'è?" Quando meno se lo aspetta, lo scorge innanzi a sè e non solo Egli la consola, ma compie per lei il miracolo di ridonarle il figlio.
Possiamo chiederci: Mi è mai capitato di sentire Gesù accanto, anche fisicamente? "Una persona dice: "A me sì, attraverso la guida spirituale, quando non molto tempo fa mi ha detto: "Non piangere, sii fiduciosa, vedrai che questo dolore passerà e rimarrà solo il ricordo di un brutto momento. Offri a Lui e starai meglio. E, se non passa, quella è la tua croce: Gesù ti darà la forza per portarla".
In questi casi, come alla vedova, Gesù non ci chiede niente di particolare, ma di fidarci soltanto di Lui, anche se non capiamo.
In quante circostanze ci siamo chiesti: "Gesù dove sei?" A volte ci sembra lontano, invece è lì, non Lo vediamo, non Lo sentiamo ma è lì. Prima o poi capiremo perché Lui non si fa sentire. O forse siamo noi che non riusciamo a sentirlo?
La compassione spinse Gesù a risuscitare il figlio della vedova. Il dolore degli altri produce in me la stessa compassione? Cosa faccio per aiutare l'altro a vincere il dolore e a rendere nuova la sua vita?
Gesù non conosceva questa donna, quindi la compassione che Gesù chiede a noi, da questo momento in poi, non è solo per le persone che amiamo, ma anche per le persone che non conosciamo e soprattutto per quelle che ci fanno soffrire.
Gesù ci chiede di avere compassione per chiunque. Se siamo realmente cristiani e soprattutto se percorriamo un cammino che debba portarci alla santità, dobbiamo soffrire con…. tutti. Il Signore ci ricompenserà.

Don Roberto Rossi

Pensieri in pillole

Una mini-infiorata della Chiesa di Sant’Anna

Nella nostra Chiesa, più precisamente nella Cappella dedicata dell’Adorazione, quest’anno, credo per la prima volta, abbiamo avuto la nostra piccola “infiorata” . Piccola, è vero, ma per noi grande nel significato.

 L’Infiorata è una testimonianza di Fede e di Onore a Dio, ma anche di amore alle persone. In certe parti è espressione di antiche tradizioni, ma per noi qui è stata una sorpresa. Per questo c’è da dire subito che in molti ci siamo commossi sentendo riaffiorare ricordi emozionanti, ma lontani nel tempo.

 Certo ben altre celebri Infiorate ornano luoghi di culto e piazze di città e paesi, e da decenni o da secoli fanno addirittura da richiamo per visitatori e turisti

Ma noi sentiamo e vogliamo doverosamente fare i complimenti a chi ha avuto l’idea e l’ha realizzata. E chissà che questa “nostra” di quest’anno non sia come un seme gettato lì per far nascere e crescere anche a Pontinia una bella tradizione!

L’ occasione è stata la festa del “Corpus Domini” che si è conclusa con la processione per le vie della nostra città.
E’ un evento “speciale”. E’ Cristo, umile ma veramente presente nell’ Ostia, che esce dalla Chiesa e cammina fra le nostre case, che percorre le nostre stesse strade, che guarda la città, la comunità, le persone, i cuori.

L’usanza di ornare le finestre ed i balconi al passaggio del Santissimo, magari con gli arredi migliori in segno di omaggio, di onore e di amore, purtroppo quest’anno non è stata rispettata. Ma c’è da dire che Pontinia è una città giovane, nella quale certe tradizioni non sono ancora radicate.
Potrebbe essere nostro compito nel prosieguo del tempo trasmettere alla nostra gioventù quelle usanze e quei valori che arricchiscono le comunità e sono segno ed augurio di fede e di amore a Dio ed alla gente.

Ci auguriamo che il prossimo anno, con la buona volontà e la collaborazione di tutti, l’infiorata di Pontinia cresca nella dimensione materiale, oltre che in quella ideale già grande. Ci auguriamo pure che la processione, oltre che affollatissima, sia ravvivata da drappi, da tovaglie ricamate ecc. che dalle finestre e dai balconi della nostra città onorino sia il Corpo di Cristo presente nell’Ostia, sia quello formato da tutti i fedeli certi delle parole del Signore: “Dove due o più sono uniti nel mio Nome Io sarò in mezzo a loro”.

Una fedele

infiorata

Ciò che è del Padre è anche nostro

La Trinità si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fosse un dogma astratto ma come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge.
Lo Spirito mi glorificherà: prenderà del mio e ve lo annuncerà.
La gloria per Gesù, ciò di cui si vanta, la pienezza della sua missione consiste in questo: che tutto ciò che è suo sia anche nostro.
Dio gode nel mettere in comune. Ciò per cui Cristo è venuto: trasmettere se stesso e far nascere in noi tutti un Cristo iniziale e incompiuto, un germe divino incamminato.
Tutto quello che il Padre possiede è mio. Il segreto della Trinità è una circolazione di doni dentro cui è preso e compreso anche l'uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto che riversa amore, verità, intelligenza fuori di sé, oltre sé. Una casa aperta a tutti gli amici di Gesù.
La gloria di Gesù diventa la nostra: noi siamo glorificati, cioè diamo gioia a Dio e ne ricaviamo per noi godimento e pienezza, quando facciamo circolare le cose belle, buone e vere, le idee, le ricchezze, i sorrisi, l'amore, la creatività, la pace…
Nel dogma della Trinità c'è un sogno per l'umanità. Se Dio è Dio solo in questa comunione di doni, allora anche l'uomo sarà uomo solo nella comunione.
E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che ostruiscono la circolazione della vita, e vene troppo gonfie dove la vita ristagna e provoca necrosi ai tessuti. Ci sono capitali accumulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze cui non è permesso di fiorire e portare il loro contributo all'evoluzione dell'umanità; linee tracciate sulle carte geografiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di là, per motivi diversi, si soffre…
Tutto circola nell'universo: pianeti e astri e sangue e fiumi e vento e uccelli migratori… È l'economia della vita, che si ammala se si ferma, che si spegne se non si dona. Come nel racconto della ospitalità di Abramo, alla querce di Mambre: arriva uno sconosciuto all'accampamento e Abramo con dolce insistenza lo forza a fermarsi e a mettersi a tavola. All'inizio è uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre.
E noi vorremmo capire se è Dio o se sono solo dei viandanti. Vorremmo distinguere ciò che non va distinto. Perché quando accogli un viandante, tu accogli un angelo, l'ha detto Gesù: ero straniero e mi avete accolto.
L'ospitalità di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondità di Sara che sarà madre. Forse qui c'è lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo come il grembo di Sara: riprendiamo anche noi il senso dell'accoglienza e ci sarà vita nella tenda, vita nella casa.
 
P. Ermes Ronchi
 

Pontinia in festa! Prime Comunioni 2013

primacomunioneEcco finalmente arrivato il momento tanto atteso. 
I comunicandi -un centinaio- della nostra Parrocchia di S. Anna, suddivisi in tre turni, sono pronti a ricevere Gesù. E’ un evento di grande entusiasmo per tutta la nostra città.
Dopo due anni di preparazione nella quale i bambini hanno compiuto un impegnativo percorso, curato prima da P. Mario Farinella e poi da P. Nicola Muciaccia, e da noi catechiste, tutti i bambini nei giorni precedenti al loro turno hanno  partecipato ad un ritiro. Un incontro molto ben strutturato ed intenso, ricco di preghiera, di emozioni, di gioco e di riflessioni. La Confessione, vissuta con consapevolezza e gioia.
 I ragazzi hanno manifestato un grande interesse, tanto che uno ha commentato: “E’ stato il più bel giorno di catechismo” ed un altro ha osservato: “la Confessione fa bella la Comunione!”  E’ stato anche messa in evidenza l’importanza della domenica vissuta cristianamente e la responsabilità personale di fronte al dono dell’Eucaristia.
Sì, finalmente è arrivato il momento tanto desiderato. 
E così in queste domeniche, mentre la Corale S. Anna intona il canto  evocativo:“Fanciulli noi siamo, Signore, veniamo a Te, come un giorno, rapiti dal puro tuo volto ,i bimbi correvano a Te…” dalla porta centrale della Chiesa i comunicandi entrano  in fila dietro la croce. Dritti nelle bianche tuniche, composti con le mani giunte si fermano ai loro posti. La loro emozione si trasmette a i tutti fedeli che affollano la Chiesa. I genitori, già in attesa dietro i loro figli , sentono il cuore trasalire di una commozione mai provata. In tutta l’assemblea corre un brivido di emozione e di tenerezza. C’è grande gioia ed emozione.
I bambini chiamati ad uno ad uno per nome, si alzano dicendo: “Eccomi”. 
Anni fa i genitori li portarono all’altare per il Battesimo e loro stessi hanno risposto alle domande nel rito. Ora invece questi figli personalmente rispondono: “Eccomi”. Davanti al Signore cominciano ad essere responsabili di sé. 
Il loro “Eccomi” si traduce poi in un coro di voci bianche, ottimamente diretto da Roberta Cappuccilli, mentre la Corale S. Anna fa da sottofondo, lasciando emergere le fresche vocine che con sicurezza cantano al Signore la gioia di incontrarlo: “Oggi io sarò più vicino a Te, Signore, perché Tu verrai come un amico dentro al mio cuore…”.
P. Valeriano Montini, parroco, sottolinea il significato di questo bel canto, riprendendone le parole “Camminiamo insieme lungo le strade dell’amore, che hai fatto per me, Signore” come augurio che racchiude il senso e il segreto della vita cristiana. 
Seguono le letture liturgiche, con il Vangelo solennemente proclamato dall’alto dell’ambone. È ora il momento dell’omelia. 
 Il Parroco in modo discorsivo e coinvolgente si rivolge ai bambini esaltando la bellezza e l’unicità di questo loro intimo, primo incontro con Gesù nell’Eucaristia. Gesù bussa alla porta del cuore  per offrire il suo amore, la sua consolazione, la sua forza, il suo perdono. Dio vuole abitare in noi, se l’accogliamo. Alla fine racconta  un episodio significativo accadutogli anni fa. Alcune persone povere ed indigenti , sedute fuori della chiesa  più che  spiccioli o  pane rivendicavano il bisogno e il diritto di ricevere Dio,  gridavano:”Give us God!” (Dacci Dio!).
Forse anche noi genitori e tutti noi adulti, a ben pensarci abbiam  seriamente bisogno di Dio, perché corriamo il rischio che la trascuratezza e persino l’abitudine ci rendono superficiali e scarsi portatori di fede e di vero amore a Dio ed al prossimo.
Dopo la silenziosa adorazione durante la Consacrazione, giunge il momento tanto atteso della Comunione. L’atteggiamento composto dei bambini rivela la loro consapevolezza e la loro emozione. Si alzano uno alla volta, a mani giunte. Alle parole “Il Corpo ed il Sangue di Cristo” ciascuno sussurra emozionato: “Amen!” ed il Parroco dà loro l’Ostia consacrata intinta nel Calice.
Restano raccolti in preghiera, con gli occhietti chiusi.  E’ un incontro personale con Gesù. Sono attimi preziosi, di cui solo il Signore e i bimbi conoscono la segreta delizia. 
Quali preghiere abbiano formulato nel loro cuore lo sopranno solo loro, forse han sussurrato: “Ti voglio bene, Gesù. Ti ringrazio di tutto. Ti prego per i miei genitori… Signore voglio essere più buono, più sincero… ”. Così promettono e pregano.
Riprendono  assieme il loro bel canto, come risposta al dono ricevuto. “Insieme a Te, uniti a Te, la nostra vita si trasformerà…”.
Infine vien fatta la preghiera conclusiva, il Presidente raccomanda ai genitori che, baciando i loro bambini, siano profondamente consapevoli di baciare Gesù, ospite del loro cuore.  Ed a ricordo vien data a ciascuno una pergamena ed un interessante libro. L’assemblea si scioglie in applausi.
Noi catechiste siamo state attentissime perché tutto procedesse al meglio, ma ciò che davvero ci interessa e ci auguriamo è che questi bambini conoscano sempre meglio Gesù, si innamorino di Lui e lo “ricevano” spesso. E’ lo stesso Gesù ad invitarci alla sua mensa: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno (Gv. 6, 51).
Questa è la nostra preghiera ed il nostro caloroso augurio ai bambini e alle loro famiglie. 

Le catechiste

Anna Maria, Antonella, Cristina, Laura, Lidia, Teresa

Per una nostra Pentecoste

SantoSpirito1
Cari ragazzi che state per fare la Cresima,
a quest’ora ferveranno i preparativi e un sacco di persone sobilleranno le vostre ansie. Sarà solo una “parata” o qualcosa di più? Questo Spirito Santo di cui tanto abbiamo parlato cambierà qualcosa nella vostra vita? Proprio ieri Enrico mi ha fatto l’elenco dei regali… e lo Spirito sembrava proprio lontano.
In realtà è proprio quello IL regalo, ma è uno dei tanti che mettiamo da parte dopo un’occhiata superficiale, convinti che non serva poi a granché. Eppure a catechismo abbiamo detto che è Sapienza, Intelletto, Consiglio, Forza, Conoscenza, Pietà e Riverenza verso Dio; o in maniera più simbolica che è fuoco che scalda, acqua che disseta, aria da respirare… Tutte cose buone, ma il Vangelo di Pentecoste ci aiuta semplificando: lo Spirito è l’aiuto di Dio per avere la chiarezza della gioia perfetta.
Cari ragazzi, in tutta la vostra vita incontrerete venditori di presunta gioia: l’ultima versione della playstation, un televisore HD o una bianca polverina magica per risolvere ogni problema… a volte sentirete voci opposte e dovrete scegliere: meglio oasi di piacere a buon mercato o apertura a una relazione più impegnativa? Qualche nozione appiccicata lì per avere un “pezzo di carta” o la scommessa nell’imparare per il gusto di conoscere di più e meglio? Una giostra di emozioni o la scelta consapevole per vivere e non sopravvivere?
Gesù non ha mai venduto niente: quello che aveva l’ha semplicemente regalato. I suoi consigli sono gratis, così come è gratis quella potenzialità che oggi viene ribadita da un segno: dentro di voi c’è una voce chiara e limpida che è la gioia. I suoi surrogati come l’istinto, i doveri, addirittura la felicità (che è passeggera, dura poco più di un attimo!), tendono a fuorviarci. La gioia è duratura, anche se spesso non riusciamo a rimanere in Lei. Eppure essa è veramente la voce di Dio, mansueta, attenta, limpida e liberante. Questo è il mio augurio, questa è la mia promessa d’impegno per il tempo che trascorreremo ancora insieme. Aiutarvi a vederla, a sceglierla, a costruirla.
 
Il vostro catechista
piamarta3
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