Il vino buono tenuto da parte
Se ci hai fatto caso, questa pagina del vangelo si sviluppa su tre dialoghi, ognuno con caratteristiche ed elementi diversi. La festa di nozze è motivata dalla gioia per il consolidamento di un’unione tra due persone nell’amore reciproco: se non c’è dialogo, confronto, accoglienza e rispetto l’unione è solo sulla carta, ma non è vita. Il dialogo diventa il costruttore di relazione, strumento di conoscenza e aiuto, il dialogo salva la gioia della festa di nozze.
Non hanno vino
Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora.
Il primo dialogo è quello tra Maria e Gesù, invitati alle nozze. Possiamo facilmente immaginare come una mamma sia attenta ai dettagli: mentre tutti festeggiano e brindano, lei guarda gli inservienti, vede chi va e viene dalla cucina alla tavola degli invitati, guarda chi è affaccendato nella preparazione dei pasti, e in questo essere maternamente attenta ai retroscena, che sfuggono ai più, Maria nota che il vino è finito. Anche per noi oggi una festa senza vino è una festa a metà, ma ai tempi del fatto, nella cultura ebraica, una festa di nozze senza vino era un fallimento totale: il vino garantisce la gioia degli invitati e la riuscita della festa.
Non hanno vino: è finito, gli invitati gustano gli ultimi sorsi, dopodiché la festa avrà fine. Quella di Maria non è una domanda, non è una richiesta: è una semplice constatazione che dice attenzione e preoccupazione. Maria sente il bisogno di comunicarlo al figlio, come un dato di fatto, senza pensarci troppo. La risposta ha dato origine a disquisizioni teologiche senza fine, contrapponendo madre e figlio, leggendo la risposta di Gesù come una mancanza di rispetto, ecc. Cercando la via della semplicità, Gesù dice che è appena all’inizio della sua opera, e il compimento del suo tempo è ancora lontano. Non me ne vogliano teologi e biblisti, ma leggo così la risposta di Gesù: “Mamma, stai tranquilla.”
Qualsiasi cosa vi dica, fatela.
Riempite d’acqua le anfore.
Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto
Questo secondo è un dialogo tra Maria, Gesù e i servi, un dialogo a senso unico, dove non ci sono risposte ma solo indicazioni e conseguenze. Maria esorta i servi alla piena fiducia, la stessa fiducia alla quale Gesù l’ha invitata poc’anzi . Maria, colei che ha creduto, trasmette ai servi il suo “Eccomi” invitando loro a indossare il grembiule della disponibilità senza se e senza ma.
All’esortazione della madre segue l’ordine del Figlio, un ordine razionalmente assurdo: se manca il vino cosa te ne fai dell’acqua? Eppure i servi rimangono ancorati alle parole della madre: “qualsiasi cosa vi dica fatela”, non discutetela, ma fatela, concretamente. I servi infatti non rispondono con le parole, ma coi fatti: accolgono in se stessi l’esortazione ed eseguono l’ordine impartito, senza fiatare. Le anfore sono piene di acqua, ed ecco giunge un altro ordine, ancora più irrazionale del primo: “prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto”: se io fossi stato uno di quei servi avrei riempito le anfore, ma portare a tavola quell’acqua è davvero troppo!
La sfida che mi lancia Gesù è proprio quella di essere commensale col mio nulla, con la mia pochezza. Dio chiede di riconciliarmi con me stesso, per poter essere dono di gioia e di condivisione. Ecco il miracolo! Le nozze, l’unione tra me e me stesso salvano la festa e la convivialità con Dio e con gli altri. La guerra che hai scatenato dentro di te, cercando di sconfiggere chissà quale nemico, ha esaurito il vino della gioia e della pace. Ora è inutile andare a elemosinare gioia e serenità fuori di te: abbi il coraggio di sederti a tavola e fare i conti con te stesso, offri ciò che sei, non ciò che vorresti essere, sii la gioia di Dio per il fatto stesso che respiri, sii il suo tutto, vivi il sì di Maria e porta a tavola l’acqua limpida della tua vita che si fida e si affida.
Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora
Il terzo dialogo, tra chi dirige il banchetto e lo sposo, in realtà potrebbe sembrare un monologo: lo sposo non risponde con le parole, forse con un sorriso compiaciuto, ma nel totale silenzio. Il “vino buono” è il risultato ottenuto grazie all’attenzione di una mamma, agli ordini di un figlio eseguiti silenziosamente dai servi.
Ti sei fidato. Tu sai bene che di acqua hai riempito le anfore e con tremore hai portato acqua a tavola. Ora tutti gioiscono del vino buono “tenuto da parte” come culmine della festa. Hai vissuto l’attesa e il vuoto, la paura del fallimento e il fallimento stesso. Poi hai avuto il coraggio di essere te stesso, ti sei fidato.
Il resto è l’opera di Dio in te, e questo “primo segno” compiuto da Gesù darà la giusta intonazione a tutti gli altri segni, fino al Segno della Croce, che salverà per sempre la festa tra Dio e i suoi figli, avvelenati da tanti vini cattivi, e guariti grazie al vino buono sgorgato dal cuore trafitto del Figlio di Dio.
Luca Rubin
Convertirsi partendo da un solo verbo: dare
«Esulterà, si rallegrerà, griderà di gioia per te, come nei giorni di festa». Sofonia racconta un Dio che esulta, che salta di gioia, che grida: «Griderà di gioia per te», un Dio che non lancia avvertimenti, oracoli di lamento o di rimprovero, come troppo spesso si è predicato nelle chiese; che non concede grazia e perdono, ma fa di più: sconfina in un grido e una danza di gioia. E mi cattura dentro. E grida a me: tu mi fai felice! Tu uomo, tu donna, sei la mia festa.
Mai nella Bibbia Dio aveva gridato. Aveva parlato, sussurrato, tuonato, aveva la voce interiore dei sogni; solo qui, solo per amore, Dio grida. Non per minacciare, ma per amare di più. Il profeta intona il canto dell’amore felice, amore danzante che solo rende nuova la vita: «Ti rinnoverà con il suo amore».
Il Signore ha messo la sua gioia nelle mie, nelle nostre mani. Impensato, inaudito: nessuno prima del piccolo profeta Sofonia aveva intuito la danza dei cieli, aveva messo in bocca a Dio parole così audaci: tu sei la mia gioia.
Proprio io? Io che pensavo di essere una palla al piede per il Regno di Dio, un freno, una preoccupazione. Invece il Signore mi lancia l’invito a un intreccio gioioso di passi e di parole come vita nuova. Il profeta disegna il volto di un Dio felice, Gesù ne racconterà il contagio di gioia (perché la mia gioia sia in voi, Giovanni 15,11).
Il Battista invece è chiamato a risposte che sanno di mani e di fatica: «E noi che cosa dobbiamo fare?». Il profeta che non possiede nemmeno una veste degna di questo nome, risponde: «Chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ce l’ha». Colui che si nutre del nulla che offre il deserto, cavallette e miele selvatico, risponde: «Chi ha da mangiare ne dia a chi non ne ha». E appare il verbo che fonda il mondo nuovo, il verbo ricostruttore di futuro, il verbo dare: chi ha, dia!
Nel Vangelo sempre il verbo amare si traduce con il verbo dare. La conversione inizia concretamente con il dare. Ci è stato insegnato che la sicurezza consiste nell’accumulo, che felicità è comprare un’altra tunica oltre alle due, alle molte che già possediamo, Giovanni invece getta nel meccanismo del nostro mondo, per incepparlo, questo verbo forte: date, donate. È la legge della vita: per stare bene l’uomo deve dare.
Vengono pubblicani e soldati: e noi che cosa faremo? Semplicemente la giustizia: non prendete, non estorcete, non fate violenza, siate giusti. Restiamo umani, e riprendiamo a tessere il mondo del pane condiviso, della tunica data, di una storia che germogli giustizia. Restiamo profeti, per quanto piccoli, e riprendiamo a raccontare di un Dio che danza attorno ad ogni creatura, dicendo: tu mi fai felice.
P. Ermes Ronchi
Un Comandamento che li riassume tutti e 10
Come riassumere tutti i comandamenti in uno solo?
Fatti amare da Dio che ti ama.
Amalo al meglio delle tue capacità, con forza, impegno, intelligenza.
Ama te stesso perché ti vedi come Dio già ti vede.
Ama il tuo prossimo con l’amore divino che trabocca dal tuo cuore.
Ama.
"La misura dell'amore è amare senza misura".
Cosa vuoi che faccia per te?
Possiamo rispondere la gloria.
Oppure che io veda.
Possiamo ambire a successi, applausi, riconoscimenti.
O chiedere luce.
Che io veda, Signore, perché sono sprofondato nella mia tenebre.
Perché di servi liberi e autentici, di persone che si prendono a cuore la felicità altrui, senza contrapposizioni, senza toni rabbiosi, senza secondi fini ha urgente bisogno, oggi, il mondo.
E la Chiesa
Beati gli insoddisfatti, se diventano cercatori di tesori
Gesù uscito sulla strada, e vuol dire: Gesù libero maestro, aperto a tutti gli incontri, a chiunque incroci il suo cammino o lo attenda alla svolta del sentiero. Maestro che insegna l'arte dell'incontro.
Ed ecco un tale, uno senza nome, gli corre incontro: come uno che ha fretta, fretta di vivere. Come faccio per ricevere la vita eterna? Termine che non indica la vita senza fine, ma la vita stessa dell'Eterno. Gesù risponde elencando cinque comandamenti e un precetto (non frodare) che non riguardano Dio, ma le persone; non come hai creduto, ma come hai amato. Questi trasmettono vita, la vita di Dio che è amore.
Maestro, però tutto questo io l'ho già fatto, da sempre. E non mi ha riempito la vita. Vive quella beatitudine dimenticata e generativa che dice: "Beati gli insoddisfatti, perché diventeranno cercatori di tesori".
Ora fa anche una esperienza da brivido, sente su di sé lo sguardo di Gesù, incrocia i suoi occhi amanti, può naufragarvi dentro: Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò. E se io dovessi continuare il racconto direi: adesso gli va dietro, adesso subisce l'incantamento del Signore, non resiste a quegli occhi… Invece la conclusione del racconto va nella direzione che non ti aspetti: Una cosa ti manca, va', vendi, dona ai poveri… Sarai felice se farai felice qualcuno; fai felici altri se vuoi essere felice.
E poi segui me: capovolgere la vita. Le bilance della felicità pesano sui loro piatti la valuta più pregiata dell'esistenza, che sta nel dare e nel ricevere amore. Il maestro buono non ha come obiettivo inculcare la povertà in quell'uomo ricco e senza nome, ma riempire la sua vita di volti e di nomi.
E se ne andò triste perché aveva molti beni.
Nel Vangelo molti altri ricchi si sono incontrati con Gesù: Zaccheo, Levi, Lazzaro, Susanna, Giovanna. Che cosa hanno di diverso questi ricchi che Gesù amava, sui quali con il suo gruppo si appoggiava? Hanno saputo creare comunione: Zaccheo e Levi riempiono le loro case di commensali; Susanna e Giovanna assistono i dodici con i loro beni (Luca 8,3). Le regole del Vangelo sul denaro si possono ridurre a due soltanto: a) non accumulare, b) quello che hai, ce l'hai per condividerlo. Non porre la tua sicurezza nell'accumulo, ma nella condivisione.
Seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione: lasciare tutto ma per avere tutto. Infatti il Vangelo continua: Pietro allora prese a dirgli: Signore, ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, cosa avremo in cambio? Avrai in cambio cento volte tanto, avrai cento fratelli e un cuore moltiplicato. Non rinuncia, se non della zavorra che impedisce il volo, il Vangelo è addizione di vita.
P. Ermes Ronchi
Calendario Iscrizioni Catechismo 2018/2019
Lun. 24 sett. | Ripresa Catechismo per ragazzi Cresime 2018 |
Da Mart. 25 a Ven. 28 sett. | Iscrizioni 1° Comunioni – 3° Elementare (anno 2018/2019) |
Ven. 28 sett. | Incontro Padrini Cresimandi 2018 |
Lun. 1° ott. | Iscrizione 2° anno Cresime (anno 2018/2019) |
Mar. 2 ott. | Iscrizione 2° anno Comunioni (anno 2018/2019) |
Mer. 3 ott. | Iscrizione 1° anno Cresime (anno 2018/2019) |
Giov. 4 ott. | Iscrizione al Discepolato (anno 2018/2019) |
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